Mafia nigeriana: la tratta delle schiave bambine del sesso bloccata a Malpensa

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MALPENSA – Su delega della Direzione Distrettuale Antimafia, la Polizia di Stato di Siracusa, con la collaborazione dell’Ufficio di Polizia di Frontiera di Malpensa, martedì 3 agosto ha dato esecuzione ad ordinanza di misura cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Catania, nei confronti di persone di origini nigeriane, in quanto accusate, con altri complici non identificati rimasti in Libia e Nigeria, di tratta di esseri umani a fine di sfruttamento sessuale e riduzione in schiavitù.

Operazione Bad Mama

Reati pluriaggravati dall’aver agito anche in danno di minori, dall’aver esposto le persone ad un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica (precisamente facendo loro  attraversare il continente di origine sotto il controllo di criminali che le sottoponevano a privazioni di ogni genere e a diverse forme di violenza, ed infine, facendole giungere in Italia via mare a bordo di imbarcazioni occupate da moltissimi migranti esponendole ad un altissimo rischio di  naufragio), dall’aver contribuito alla commissione del reato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato; dei delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anch’essi pluriaggravati analogamente ai delitti di tratta di esseri umani; del delitto di sfruttamento della prostituzione ed altre fattispecie delittuose.

Riti Ju-Ju e false promesse di lavoro

L’indagine è partita da un intervento effettuato da personale della Questura di Siracusa che ha identificato una giovanissima cittadina nigeriana – Ella (nome di fantasia) – appena fuggita dall’abitazione della propria madame (una dei quattro arrestati), la quale, dopo averla sottoposta al rito Ju-Ju, l’aveva trasferita in Italia, attirandola con la falsa promessa di un lavoro lecito e profittando della giovane età della ragazza (appena 16 anni) e,  una volta giunta sul territorio nazionale, l’aveva invece costretta a prostituirsi, utilizzando anche strumenti di coercizione violenta davanti al rifiuto della giovane di prestarsi allo sfruttamento sessuale, facendosi “aiutare” da un connazionale anche lui sottoposto a misura di custodia.

Almeno 12 vittime costrette a prostituirsi

Da qui è partita una complessa attività di indagine, tradizionale e tecnica, che ha consentito di  acquisire elementi non solo in relazione alla vicenda di Ella ma anche in relazione alla vicenda di un’altra giovane ragazza, al pari di Ella, trasferita dalla stessa madame dalla Nigeria all’Italia, con modalità analoghe (ovvero profittando della peculiare vulnerabilità della stessa e del suo stato di bisogno) ed allo stesso fine,  quello di appropriarsi dei guadagni del meretricio della connazionale nonché altre storie di sfruttamento della prostituzione di numerose connazionali (oltre dodici ragazze).

Una donna a capo della banda

Gli inquirenti hanno identificato anche altri due “colleghi” della madame in quanto  operatori economici del medesimo illecito settore di mercato quello dello sfruttamento sessuale di  giovani connazionali, operanti su diversi territori ma in ottimi rapporti con la madame, con la quale si confrontavano sulle problematiche del business gestito, anche prestandosi vicendevole aiuto se necessario: i due gestivano a loro volta una giovane connazionale, attirata in Italia con l’inganno e profittando della peculiare situazione di vulnerabilità e di bisogno della giovane, costretta a dover ripagare – con i proventi della prostituzione – un esoso debito di ingaggio dietro la minaccia continua del rito Ju-Ju cui era stata sottoposta prima di partire per l’Europa.

Traffico di fondi neri

Tutti i soggetti destinatari di ordinanza custodiale potevano contare su contatti con connazionali all’estero, in Nigeria e in Libia, valevoli a consentire loro di seguire a distanza tutte le fasi del trafficking: dal reclutamento alla sottoposizione a JuJu, dalla partenza dalla Nigeria all’arrivo in Libia e così via. Uno degli indagati  era “addetto” all’intermediazione finanziaria, ed in particolare svolgeva attività di raccolta abusiva del risparmio e di abusiva intermediazione nel cambio monetario, consentendo a terze persone, a fronte del pagamento di commissioni, il trasferimento di fondi all’estero, anche mediante rapporti fiduciari di tipo  compensativo con corrispondenti esteri che provvedevano ad erogare al destinatario in Nigeria una somma equivalente a quella consegnata in Italia ma in valuta nigeriana, senza passare così attraverso i canali bancari e finanziari ufficiali e bypassando le disposizioni di legge che regolamentano tali operazioni.

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