Neutalia, a Busto il piano industriale è per pochi intimi. I “No Inceneritore” disertano

BUSTO ARSIZIO – Neutalia svela alla città il suo piano industriale da 100 milioni che rivoluzionerà l’inceneritore di Borsano, ma a discuterne al Museo del Tessile di Busto si presentano non più di 20 persone. Di cui solo una quindicina si trattengono per il tavolo di lavoro chiamato ad approfondire gli aspetti tecnici e impiantistici del piano, che si pone come prospettiva il 2047, quindi i prossimi 25 anni di vita della società che gestisce l’ex Accam. Anche perché il comitato No Inceneritore diserta il tavolo: «Prima vogliamo l’esito dell’indagine epidemiologica».

Il piano industriale

Il piano di investimenti si fonda su una prospettiva di economia circolare, come chiarisce Alberto Simioni, senior manager di Ernst&Young, citando il recupero di materiali attraverso il trattamento meccanico dei rifiuti, il teleriscaldamento integrato al termovalorizzatore, il recupero di prodotti sodici e scorie con contestuale cattura di CO2 e i programmi di monitoraggio ambientale. Il piano, inoltre, rivoluzionerà l’attuale assetto dell’area di Neutalia a Borsano. «Tramite una gestione razionale degli spazi – sottolinea l’amministratore delegato Stefano Migliorini – tutte le iniziative rientrano nel perimetro dell’impianto, per un’efficiente chiusura di filiera senza spostamenti di rifiuti da un punto di trattamento all’altro». Ma ci sono altre opzioni impiantistiche «da valutare in una logica di transizione verde», come gli impianti per il trattamento dei pannolini e dei rifiuti tessili, o il progetto della Hydrogen Valley. Nel frattempo «le emissioni sono in maniera significativa al di sotto dei limiti di legge, ma programmiamo altri interventi significativi, come quelli per la riduzione degli NOx».

Il percorso partecipativo

I vertici di Neutalia hanno illustrato il piano industriale di sviluppo con orizzonte 2047, per la prima volta in una riunione pubblica, nella sala gemella del Museo del Tessile. Prima occasione di un percorso partecipativo che punta dichiaratamente a «raccogliere spunti e contributi – parole del presidente Michele Falcone – per migliorare il piano industriale», e che proseguirà a Legnano l’11 marzo (sui benefici ambientali e sociali) e si concluderà il 31 marzo ancora a Busto.

Chi c’era e chi no

Tra i presenti, appena quattro rappresentanti del consiglio comunale di Busto Arsizio (la presidente Laura Rogora, il delegato all’ecologia Orazio Tallarida e per l’opposizione il consigliere “No Inceneritore” Emanuele Fiore e l’ex sindaco Gigi Farioli, che ha bollato come «indegna» la figura che ne fa l’assemblea bustocca), a cui si sono aggiunti l’assessore alla mobilità Salvatore Loschiavo e, per la politica cittadina, Luigi Genoni del M5S e Giovanni Sommariva di Busto al Centro, oltre alla consigliera di Dairago Milvia Borin. Per i comitati e il mondo ambientalista ci sono Adriano Landoni del comitato ecologico di Borsano, Stefano Marchionna portavoce del comitato “No Inceneritore”, Paola Gandini di Legambiente e Giordano Colombo. Per gli stakeholder, presenti Confindustria Varese e le università Insubria e LIUC. Tanto che i tre “focus group” che erano stati previsti vengono riassunti in uno solo, perché i partecipanti sono solo 15. Assenti persino i vertici di Agesp, «non invitati», con la società bustocca che detiene il 33% delle quote di Neutalia rappresentata solo da Claudia Colombo, che è nel CdA di Neutalia.

I “No Inceneritore” non discutono

Ma i due rappresentanti del comitato “No Inceneritore” (Marchionna e Fiore), dopo aver ascoltato la relazione di Neutalia, si alzano e se ne vanno, senza prendere parte al focus group. Diffondendo un comunicato in cui chiedono alla società se «50 anni di attività di un inceneritore di vetusta generazione, tanto da obbligarvi a onerosi investimenti, per rimetterlo in carreggiata, o peggio a norma, hanno lasciato tracce indelebili sulla salute delle persone e dell’ambiente» e se «la parte persistente negli anni delle emissioni dei camini è compatibile con un nuovo lunghissimo proseguimento della stessa attività, seppur migliorata». E contestando il fatto che «un investimento di ben 100 milioni di euro inizi il suo percorso prima che i risultati di un’indagine epidemiologica attestino, oppure no, la pericolosità per l’ambiente e la salute, e la compatibilità con la continuazione dell’attività».

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