Olona: niente più puzze e acqua cristallina dal “nuovo” depuratore di Canegrate

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CANEGRATE – Lo avevamo visitato nel lontano 1987, quando era stato appena inaugurato; lo abbiamo rivisto oggi, trovandolo profondamente cambiato. In meglio. Nel depuratore di Canegrate il Gruppo Cap che lo gestisce insieme ad altri 39 impianti sul territorio dell’area metropolitana, ha investito 2,8 milioni di euro per potenziarlo e adeguarlo alle nuove norme regionali, introdotte nel 2019. Risultato: niente più puzze nei dintorni di via Cascinette, per la gioia degli abitanti, ma anche la capacità di trattare volumi maggiori di acqua, ad esempio nel caso di precipitazioni eccezionali, anziché scaricarla non trattata nell’Olona, oltre a un minore consumo di energia e a meno reagenti chimici impiegati nel processo di depurazione. I lavori che risulteranno compiuti in settimana (ma le nuove vasche sono in funzione già dall’inizio dell’anno) erano iniziati nel settembre dell’anno scorso, non senza polemiche sollevate dagli ambientalisti ma anche dalle Amministrazioni locali per l’interruzione del ciclo di trattamento e il conseguente sversamento nel fiume di una ingente quantità di reflui fognari che, sommata alla scarsa portata del periodo, aveva azzerato la vita nel tratto a valle.

Reginato: «Operazione complessa dai tempi obbligati»

«Si è trattato di una operazione complessa – difende l’operato del Gruppo il direttore Operations Alessandro Reginato (nella foto in alto) – e sui tempi non vi erano alternative. Nel depuratore non si poteva lavorare in sicurezza in presenza di acqua e abbiamo scelto il periodo tecnicamente di minore impatto, mettendo poi in campo una serie di mitigazioni, ora realizzate al 30%, soprattutto di pulizia delle aree golenali, ai margini del tratto interessato dell’evento dell’ottobre 2019. Altri interventi sono stati svolti anche su segnalazione dei cittadini, ad esempio per schiume. Oggi possiamo dire che nell’Olona non vanno molti più dei 100.000 metri cubi di acqua reflua non trattata di quella circostanza. Un risultato positivo indiscutibile, da oggi all’infinito. Il blocco anno scorso ha permesso in particolare di rinnovare la sezione di grigliatura fine (un filtro dei sedimenti e dei materiali grossolani potenziato da 8 a 6 mm di spessore, nda) e di isolare i singoli corridoi dell’acqua». A Reginato chiediamo un’opinione sui gravi casi di inquinamento del fiume di quest’anno. «Sulla schiuma bianca di giugno – risponde – le nostre competenze in quel tratto sono limitate, ma abbiamo fatto comunque dei prelievi e non abbiamo trovato nulla di strano. Sulla successiva moria di pesci a monte, le uniche spiegazioni possibili sono l’anossia, considerato soprattutto che era estate, o scarichi illeciti».

Tre nuove vasche per evitare scarichi non trattati

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Le opere di intervento hanno riguardato tre nuove vasche (come quella nella foto qui sopra) di 80 x 25 m, per un volume totale di 11.000 metri cubi, che sono state trasformate da vasche di sedimentazione (causa delle puzze) a invasi di accumulo, recuperando una significativa capienza in caso di piogge. Durante forti precipitazioni, l’acqua piovana finisce nelle vasche, dove viene accumulata e poi rilasciata lentamente in testa all’impianto per il trattamento di depurazione completo; i lavori hanno inserito inoltre un sistema di lavaggio che ripulisce gli invasi dai detriti. «L’impianto – precisa Davide Scaglione, responsabile della depurazione – è stato poi dotato di un sistema di telecontrollo, che grazie a sensori posizionati sugli sfioratori è in grado di inviare da remoto e in tempo reale segnali di allerta per intervenire tempestivamente ogni volta che si rilevi un flusso di refluo verso un corpo idrico ricettore in assenza di precipitazioni, aiutando a individuare con più facilità gli eventuali scarichi illeciti».

Meno energia e reagenti chimici

Nella seconda serie di vasche avviene il trattamento biologico (nel video sopra) che consiste nell’immissione di batteri e nell’ossigenazione dell’acqua tramite piattelli da cui esce l’aria, tappa fondamentale per abbattere i nutrienti della massa batterica e i contaminanti per l’ambiente come l’azoto. Nell’ultima serie di vasche l’acqua è separata dai fanghi, mentre nell’ultimo tratto del ciclo di trattamento, lampade a raggi ultravioletti (al posto dell’ipoclorito) inattivano i batteri, con un effetto di disinfezione. L’acqua di fogna che entra nell’impianto ne esce cristallina (nel video sotto) e di qualità tale da poter essere usata per irrigare le coltivazioni, cosa che non avviene soltanto per la mancanza delle formali autorizzazioni.

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