Subito un vaccino anche contro la paura e la stupidità

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, spero tanto che abbiate avuto un Natale buono e sereno. Io attendo con fiducia che il panorama nazionale si rischiari ma per questo ho l’impressione che dovrò aspettare ancora molto. L’insopportabile retorica dell’”andrà tutto bene” oppure del “dopo usciremo migliori” non è scomparsa ma si è attenuata e inizio timidamente a pensare al futuro con un sospiro di sollievo e molti sospiri di preoccupazione.

È vero, tutto sarà molto diverso e dovremo reinventarci un’altra socialità. Ci siamo abituati fin troppo rapidamente al distanziamento disumano. Si, perché l’uomo è un animale sociale e, diminuite le relazioni, i rapporti fra gli uomini diventano più difficili. L’ “homo homini lupus”, il più noto di Thomas Hobbes ma anticipato dal commediografo latino Plauto, è divenuto una triste realtà dal momento che l’altro è vissuto come un possibile untore. Realizzare una comunità è oggi pericoloso e non credo basterà pensare al vaccino per togliere di mezzo la paura, il sospetto, la difficoltà. Per molti, la mascherina è l’immagine dell’uomo moderno e con essa abbiamo pesantemente condizionato non solo la parola ma anche la gestualità. È vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, ma sono il volto e lo sguardo che rivelano le vere emozioni della persona; sono loro che rappresentano il riconoscimento dell’altro, la sua più autentica rivelazione, la sola realtà.

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Ivanoe Pellerin

Banditi i baci, interdetti gli abbracci, proibiti i saluti calorosi, tutto eventualmente sanzionabile, facciamo della salute del corpo il nostro idolo. Abbiamo abdicato alla libertà in nome di una sicurezza solo sospirata ma certamente non garantita. In realtà molti altri pericoli sono in agguato, pericoli che solo apparentemente sembrano scomparsi dalla scena. Ci siamo dimenticati che molti fra noi possono essere raggiunti da un incidente vascolare, da un problema cardiaco, da un eccesso di diabete, financo da un sintomo neoplastico. Naturalmente sono consentiti tutti gli scongiuri del caso. E poi a ben vedere, chi ci riparerà dai pericoli del vivere? Dai banali inciampi all’uscita di casa, dalla buca del marciapiede, dal ciclista svogliato che guarda dall’altra parte, dal monopattino di stato in uscita libera e distratta. Forse Di Maio ed i suoi congiunti? Forse Azzolina con i banchi a rotelle? Forse Speranza con l’RT ed i consulenti sanitari? Oggi si apre e si chiude a corrente alternata e la guerra al Covid è dichiarata senza esclusione di colpi. E lontano, ma non tanto, si intravede il vaccino. A questo proposito giunge la notizia che il governo ha dovuto presentare all’ultimo momento degli emendamenti alla manovra di bilancio proprio per il piano vaccinale. Ma non eravamo pronti da tempo? Conte Pontifex Maximus dove sei?

La paura è la parola magica che ha permesso tutto questo. La paura è la rappresentazione di questa pandemia ancora orribile e tremendamente presente. La paura è corsa con la comunicazione, contagiosa come il virus, forse di più. Proprio le informazioni confuse, approssimative, sempre allarmanti hanno avuto una parte preponderante nel produrre, propagare e realizzare il pericolo. Le istituzioni, gli opinion leader, i media hanno fatto la loro parte con parole disordinate di inquietudine, di allarme, di spavento. Ed il terrore ha allargato le sue braccia oscure ed ha invaso tutto lo spazio disponibile. La paura ha occupato il nostro mondo, ha cambiato i nostri scenari relazionali, familiari e professionali, senza lasciare alcuna traccia evidente se non quella dolorosa nei cuori della gente.

Cari amici vicini e lontani, ancora una volta solleviamo la testa e affrontiamo la vita con la schiena diritta, anche se dovremo mantenere distanze e precauzioni. Abbiamo bisogno di speranza (esse minuscola), fiducia e coraggio. Dobbiamo reinventare tutto a cominciare dalle relazioni interpersonali, fondamentali per vivere, da quelle professionali fino alle istituzionali. Ne abbiamo un gran bisogno. Un grande aiuto ci arriverebbe dalla cultura ma un paese che ha sprangato teatri, cinema e musei, dove le possibilità di contagio sono bassissime, non mi pare orientato in questa direzione. Anche libri e musica hanno molto sofferto. Pagheremo per lungo tempo questa clausura. Nel 1944 sotto i bombardamenti teatri e cinema lavoravano ancora, magari in altri orari per permettere il rientro a casa per il coprifuoco. Oggi abbiamo promesso agli studenti che le scuole riapriranno il 7 gennaio ma già qualche dubbio si affaccia all’orizzonte. Albert Einstein scriveva: “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso modo di pensare che abbiamo usato per crearli.” Subito la domanda inevitabile per il Ministro Franceschini: sarà possibile un cambio di rotta?

Occorre pensare al futuro, cioè ai nostri ragazzi. Dobbiamo cercare un pensiero originale che ci permetta di superare gli ostacoli e offrirlo loro affinché ci riflettano sopra e lo facciano proprio. Dobbiamo preparare per loro un vaccino contro la stupidità e convincerli che l’intelligente non deve mai confrontarsi con lo stupido perché scendere al suo livello significa soccombere sempre. Dobbiamo aiutarli a scoprire il proprio talento ed il modo di metterlo a frutto. Dobbiamo insegnare che occorre amare il proprio lavoro senza noia e senza rancore, come ha ben scritto Primo Levi. Dobbiamo offrire loro un orizzonte più sereno anche con qualche nuvola, anche con qualche difficoltà, ma con il desiderio di provare a competere, con la decisione di voler superare gli ostacoli, con la certezza di avere gli strumenti per farcela.

Cari amici vicini e lontani, l’impresa è ardua ma è certamente possibile. Per tornare all’inizio del mio pensiero, per coniugare l’amore per lo studio e l’importanza del rapporto con l’altro vi consegno un pensiero del grande Ermanno Olmi che, citando un passaggio del suo film “Centochiodi” (2006), disse in un’intervista: “Tutti i libri del mondo non valgono un caffè preso con un amico” .

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