Quando Busto e Gallarate fanno a chi ce l’ha più lungo

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Per qualcuno potrà sembrare fuori luogo soffermarsi su amenità campanilistiche in un momento drammatico, tra virus pandemici e beghe politiche che annunciano un complicato e poco sereno futuro. Ma la riscoperta rivalità tra Busto Arsizio e Gallarate ci stimola a tornare su un argomento che dovrebbe essere superato dalle circostanze sociali e culturali e, quindi, da una nuova coscienza istituzionale. Una rivalità che fa comunque sorridere e, se presa per il giusto verso, appunto quello delle amenità, aiuta a stemperare le tensioni del presente. Veniamo ai fatti, ricordando che le due città confinanti si sono sempre guardate di traverso e, nel corso dei decenni, fors’anche dei secoli, si sono regolarmente prese male per convinzioni, diciamo così, di identità e di appartenenza. Ma che oggi tornino a fare a “chi ce l’ha più lungo” è davvero uno straordinario inciampo temporale e della storia, quasi da non credere.

A lanciare, anzi, a rilanciare il guanto di sfida è Gallarate. Prima con la storiella natalizia che Busto Arsizio le ha copiato l’albero luminoso installato nel centro storico. Busto, ma anche e addirittura Milano, che avrebbe fatto “copia e incolla” dello stesso simbolo del Natale, trasferendolo in piazza Duomo. Qui, come potete comprendere, siamo oltre. E, sempre oltre, è la puntualizzazione sul numero di tagliandi staccati il primo giorno per gli utenti della ruota panoramica posizionata nella piazza principale: più numerosi a Gallarate che non a Busto. Annotazione resa pubblica da esponenti municipali che, però, si sono scordati che è stata Busto la prima a proporre il luna park nel cuore della città. Questione di reciproche scelte urbane più o meno improvvide, sulle quali è opportuno sorvolare in questa sede.

Non è finita. L’apoteosi campanilista riguarda la Gioeubia o Giöbia o Giubbiana che dir si voglia. Bene, secondo un assessore di Palazzo Borghi, Gallarate avrebbe bagnato il naso a tutti riscoprendo i falò di fine gennaio molti anni prima di Busto Arsizio. Un merito ineludibile e paradigmatico rispetto a certe superiorità storiche e della tradizione di una città nei confronti di un’altra. Se vogliamo scherzare, va tutto bene. In caso contrario, siamo al ridicolo. Sì, perché gli scenari municipali di questi ultimi anni dovrebbero indurre a ricercare sinergie, non certo motivi di supremazia e divisione, seppure risibili. Un esempio? Gallarate ospita il più importante museo della provincia, il Maga: non ce la fa a gestirlo e, allora, piuttosto di stringere alleanze lo depotenzia, trasferendovi la biblioteca civica. Invece di valorizzarlo lo dimezza per non aprire canali di collaborazione con le città vicine. Sempre che queste siano intenzionate a superare gli steccati mentali di una volta per realizzare qualcosa di importante e duraturo sul versante culturale, che non sia merito di una sola città ma di un comprensorio.

Certo, Busto e Gallarate lavorano assieme per l’ospedale unico. Scelta comunque della Regione, che funge da perno dell’intervento. Sotto sotto, le due amministrazioni terrebbero gli attuali nosocomi, anche se non più funzionali, ma con la bandiera cittadina a sventolare sopra padiglioni che non rispondono affatto alle moderne esigenze assistenziali e di cura. Però, l’appartenenza è l’appartenenza. E il campanile non si discute. A discapito di una gestione pubblica finalmente efficiente, che sappia mettere assieme gli sforzi e le risorse per superare ristrettezze che purtroppo non sono soltanto economiche. Ristrettezze che persino il rogo della Giubbiana, invece di incenerire fa riemergere.

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