Un pronto soccorso in più all’ospedale di Busto. Il dg: «Necessario dopo il Covid»

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BUSTO ARSIZIO – In attesa dell’ospedale unico, Busto avrà un nuovo pronto soccorso, in appoggio a quello esistente e che in caso di necessità, come accaduto per l’emergenza Covid, garantirà percorsi e accessi separati. Insomma, un reparto, al secondo piano del polichirurgico, che “dialogherà” con l’attuale ps, ma predisposto per diventare autonomo e autosufficiente. A spiegare che le strategie di investimento sugli attuali presidi ospedalieri sono prodromici alla nascita del nuovo ospedale è il direttore generale Eugenio Porfido.

Dottor Porfido, dopo l’inaugurazione della nuova Cardiologia si lavora alla realizzazione di un nuovo reparto di pronto soccorso. In tanti si chiedono perché investire risorse nei vecchi busto eugenio porfido dg ospedaleospedali quando invece, come confermato anche dall’assessore regionale Giulio Gallera, si sta procedendo alla realizzazione del nuovo presidio. Perché? 
«A parte che il nuovo ospedale non sorgerà domani e neppure tra un anno. L’iter va avanti, ma il percorso, che non è ancora entrato nella fase progettuale, è ancora lungo. Quindi, che facciamo? Smettiamo di investire sul presente? E’ vero invece un’altra cosa, che dico spesso: il futuro ospedale, non nelle strutture, ma nella realtà operativa lo stiamo costruendo adesso. Quel progetto, infatti, non va visto solo come l’edificazione del “contenitore”, che è importante, ma non è l’unico aspetto. Strategico è quindi mettere già a sistema procedure e organizzazione in vista di quella che semplicisticamente viene vista come l’unificazione degli ospedali di Busto e Gallarate».

Fermiamoci ancora al nuovo pronto soccorso. Per quale motivo sostiene che sia in qualche modo l’anticipazione del nuovo ospedale? 
«Perché il nuovo polo ospedaliero avrà quale pilastro la flessibilità. Aspetto che stiamo cercando di portare, anche se non è possibile per tutti i reparti, negli attuali presidi.

Si riferisce a quanto accaduto alla nuova Cardiologia di Busto?
«
Esatto. Quel reparto era pronto a inizio anno. Avrebbe dovuto essere aperto a febbraio. Poi è esploso il Covid e, per come è stato progettato e realizzato, è stato riconvertito all’emergenza. Senza troppi problemi. E ora che ci avviamo alla normalità è tornato a essere il reparto di Cardiologia. Flessibilità. Così sarà il nuovo ps, al secondo piano del polichirurgico. Pensato nel medesimo modo. Stesso discorso a Saronno. In quello che è il padiglione Marrone. Lì verranno riqualificati il piano terra nell’ottica di alleggerire il ps e i reparti sugli altri piani, con l’implementazione della tecnologia. Indispensabile oggi sia per migliorare la qualità delle cure, ma anche la versatilità degli spazi e dei posti letto in caso di una nuova emergenza».

Posti letto. Concetto che spesso surriscalda la polemica quando si parla di sanità. Anche in ottica del nuovo ospedale, che nell’immaginario collettivo dovrebbe avere un numero di posti uguale e comunque non inferiore alla somma di quelli ora disponibili a Busto e Gallarate. Matematico no? 
«Solo in Italia il posto letto, anziché essere uno strumento, è visto come l’obiettivo. Ma non è il numero a disposizione che dà la cifra di una sanità che funziona. Certo, se ci limitiamo a fare la somma matematica i conti non torneranno mai. La sanità però, per fortuna, è cambiata. Anzi si è evoluta nelle soluzioni, nelle cure e anche nell’organizzazione».

D’accordo, ma se non si hanno posti a sufficienza per accogliere i malati si genera un problema non da poco per una struttura che ha come obiettivo la cura, non crede?
«Appunto l’obiettivo è la cura. O meglio è garantire un’organizzazione efficace che sappia rispondere alle necessità sanitarie. Che cambiano. Mi spiego meglio: è inutile avere reparti con una decina di posti letto, se i numeri delle degenze sono di molto inferiori. Molto meglio avere posti letto tecnologicamente attrezzati e che posso “giostrare” sui bisogni che insorgono. Un posto letto ad alto “contenuto tecnologico” non è più a disposizione di un unico reparto, ma dell’intero sistema ospedaliero».

Il Covid però ha un po’ messo alla frusta questo concetto: i posti letto, almeno questa è stata le percezione, soprattutto per la Rianimazione, sembravano non bastare mai. Quindi? 
«Invece è il contrario. I nostri ospedali hanno subito una rivoluzione organizzativa pazzesca. Ma fermiamoci a riflettere: se l’indice per affrontare la pandemia fosse stato quello dei posti letto, avremmo dovuto avere a disposizione nosocomi con un numero incredibile di postazioni di degenza. E che ora, sarebbero lì vuoti o quasi tutti vuoti. Invece abbiamo lavorato sulla riorganizzazione, riconvertito reparti e, mi consenta, abbiamo curato tutti. Pazienti Covid del nostro territorio, ma anche di altri. Posso aggiungere ancora una cosa?».

Prego.
«Il Covid è stata un’emergenza nuova per tutti e che ci ha costretto a sforzi enormi. E oggi possiamo dirci più preparati rispetto a tre mesi fa sia sotto il profilo sanitario, sia sotto quello organizzativo. Cioè l’emergenza ha insegnato che poter disporre di reparti flessibili e versatili consente a un ospedale di trasformarsi per dare le risposte sanitarie che servono concretamente».

I primi però che sembrano avere ancora dubbi su flessibilità dei posti letto sono gli amministratori locali. Lo dimostrano, ad esempio, le mozioni (anche il consiglio di Gallarate ne ha approvata una all’unanimità) in cui si dice “sì al nuovo ospedale, ma con gli stessi posti letto degli attuali”. E’ un problema di comunicazione o di comprensione?
«E’ un problema, punto. Non entro nel merito di come si sono espressi i consigli comunali. Dico però che l’azienda è disponibile a incontrare gli amministratori e anche i cittadini per condividere questo importante percorso. Che vi assicuro è diffuso in molti altri Paesi dell’Europa e del mondo e che hanno un sistema sanitario funzionale ed efficiente. Molto di più di quello che potrebbe garantire un organizzazione ospedaliera basata prima di tutto sul molti posti letto, ma poco flessibili».

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