VISTO&RIVISTO Quando la rivoluzione nasce dall’arte

minchella martone capri

di Andrea Minchella

VISTO

CAPRI-REVOLUTION di Mario Martone (Italia-Francia, 2018, 122 min).

Un film sulla libertà, sulla diversità, sull’integrazione, sulla contrapposizione di idee ed ideologie. Una storia che racconta con un registro che spesso diventa mistico, quanto possa essere difficile e pericolosa la ribellione contro un mondo che sta naufragando nel più devastante conflitto militare che essere umano abbia mai vissuto. Martone racconta di come l’arte possa superare il suo scopo esclusivamente estetico, diventando così un modo nuovo di interconnessione tra le persone, tra le culture, tra mondi diversi. In “Capri-Revolution” si stigmatizza la fine di un’epoca, quella antica, quella contadina, con l’avvento prepotente e non priva di inquietanti interrogativi dell’epoca moderna, portatrice di frenesia, di violenza, di guerra.

Martone confezione un’opera piena di spunti di riflessione, carica di suggestioni rese ancor più vivide grazie ai luoghi, una Capri rurale e completamente staccata dal resto del mondo, che conferiscono alla narrazione una ricercata e laica spiritualità. Iconograficamente potente, anche la colonna sonora accompagna in maniera impeccabile le interconnessioni tra gli artisti liberi e rivoluzionari, e la giovane indigena Lucia, che da subito decide che la sua vita su quell’isola non le bastava più. Non poteva essere più attuale la scena in cui Lucia si ritrova su un barcone carico di clandestini in rotta verso un nuovo mondo, una nuova speranza.

Marianna Fontana, dopo l’intenso “Indivisibili” di Edoardo De Angelis, scolpisce un personaggio profondo e intimamente rivoluzionario, più della comunità che incontra, che incarna perfettamente l’atavica ribellione delle giovani generazioni nei confronti del mondo che le circonda.

Dopo “Il Giovane Favoloso”, Mario Martone ci regala nuovamente un film sull’anima, sul cambiamento, sulla forza dirompente dell’arte.

 

RIVISTO

THE VILLAGE di M. Night Shyamalan (Stati Uniti 2004, 108 min).

Atteso film dell’eclettico Shyamalan, quando uscii nel 2004 deluse le aspettative. Fu l’ultimo grande successo del regista che qualche anno prima, da perfetto sconosciuto, aveva fatto sobbalzare le platee di mezzo mondo con l’adrenalinico “Il Sesto Senso”.

A metà tra gli Hamish e gli ebrei Ortodossi, la comunità del villaggio raccontato cerca di ricreare un micro cosmo lontano dal mondo contemporaneo fatto di violenza e superficialità. Ma ricreare una società che si fonda sulla pace e sulla solidarietà, senza creare squilibri e rancori, è un’operazione complessa, se non impossibile. La voglia di scappare e di cambiare è un germe che in qualsiasi momento può contagiare una comunità che, invece, fa di tutto per rimanerne immune.

Shyamalan riesce, purtroppo per l’ultima volta, ad incollare lo spettatore alla poltrona fino all’ultima inquadratura, regalando così un’opera il cui punto di vista viene completamente ribaltato, creando attesa e angoscia come succedeva con Bruce Willis in “Il Sesto Senso”.

 

Minchella martone capri – MALPENSA24