Maroni evita Salvini ma va da Bonaccini. Giochi pericolosi di un ex ministro

VARESE – Cosa ci faceva Roberto Maroni all’incontro con Stefano Bonaccini, governatore piddino dell’Emilia Romagna, ospite lunedì 7 settembre a Varese? “Sono qui per salutare un amico” è la spiegazione resa dal Bobo a chi gli domandava conto della sua presenza nella tensostruttura dei Giardini Estensi. Domanda tutt’altro che peregrina alla luce di una serie di segnali politici che conducono a movimenti più o meno sotterranei tra aggregazioni, gruppi o politici definiti come moderati. Risposta, quella di Maroni, a cui si può credere soltanto a metà: Bonaccini suo vecchio amico, ma, soprattutto, tessitore di nuove trame dentro e fuori il Partito democratico. Trame che interesserebbero Maroni e i maroniani del Carroccio.  Vero? Falso? Di sicuro c’è che l’ex ministro dell’Interno era a Varese e brillava per la sua assenza a Saronno, al comizio di settimana scorsa di Matteo Salvini, accanto al quale era schierata l’intera leadership locale della Lega.

Cosa dire? Roberto Maroni si è proposto come candidato sindaco della Città Giardino, sparigliando le carte del partito che ha già scelto Barbara Bison quale sua massima rappresentante alla corsa elettorale del prossimo anno. Una candidatura di bandiera quella della Bison, affermano i bene informati, per “prenotare” il posto. Può essere, nel frattempo la discesa in campo di Maroni ha avuto l’effetto di una bomba deflagrata  nella sezione varesina dei padani o, meglio, degli ex padani vista la nuova connotazione nazionale della Lega che ha cancellato il Nord dal simbolo.

L’altra domanda che sorge spontanea riguarda i veri obiettivi che si è posto Maroni. Un paio d’anni fa, quando si rinnovarono i vertici regionali, il “ragazzo” di Lozza decise di uscire di scena con la motivazione di voler dedicarsi a una nuova vita, lontano dalla politica. Furono in molti però a leggere nella sua scelta lo strategico tentativo di rientrare dalla finestra a livelli più alti, magari come primo ministro. Silvio Berlusconi, si disse, lavorava per lui. Ma non solo Berlusconi, a quanto pare. Le cose andarono diversamente e Maroni aumentò le distanze da Salvini contestandogli la deriva nazionale e l’abbandono delle istanze del Nord, per le quali era nata la Lega di Umberto Bossi. Incomprensioni pesanti, a quanto pare. Ben dissimulate, tenute nascoste per non alimentare un conflitto che rischiava di produrre  effetti devastanti. Poi, nelle scorse settimane, l’annuncio della candidatura a sindaco, “richiestami proprio dal Capitano” rivelò Maroni in una intervista a Malpensa24. Richiesta non rinnovata pubblicamente a Saronno: “Decide la sezione” ha tagliato corto Matteo Salvini. Mah.

A dire il vero, il riavvicinamento di Maroni al partito in casacca salviniana è stato sancito dalla sua iscrizione alla nuova formazione senza il Nord. Evento significativo, secondo gli osservatori. Per i quali riveste importanza altrettanto significativa, anzi, di più, l’intervista che l’ex ministro e governatore lombardo ha rilasciato nei giorni scorsi al Corriere della Sera. Non possono sfuggire alcuni passi sul futuro prossimo venturo, se la maggioranza e il governo si stabilizzassero fino al voto del 2023 e in vista del semestre bianco del presidente della Repubblica. Testuale: “Se qualcuno volesse costruire un’offerta politica di centro o moderata, sarebbe il momento per farlo. C’è un po’ di tempo davanti, fino al 2023. Utile anche per raccogliere lo spirito di Berlusconi. Ci sarà il proporzionale che offre spazio e offerte politiche inedite anche con soglia di sbarramento. Anzi, questa forza potrebbe anche essere decisiva”. E al giornalista (Marco Cremonesi) che gli chiedeva se immaginasse anche un leader, Maroni risponde: “Più che un leader servirebbe una squadra che sappia intercettare il consenso dei tanti che stentano a riconoscersi nelle offerte più orientate a destra o a sinistra. Leader non potrebbero essere figure come Calenda o Renzi o Toti, che sono comunque targati. Ma quest’area avrebbe uno spazio ben superiore alla somma aritmetica dei sostenitori di Calenda o Renzi o Toti”.

A cosa e a chi pensa Roberto Maroni? Il suo sembra tanto un gioco pericoloso della politica, una estremizzazione coraggiosa che guarda ben oltre Varese. Un’aggregazione di moderati, magari con Maroni alla guida, con in testa “le inquietudine del Nord” (l’ha detto Stefano Bnaccini) e senza prescindere da governatori come Luca Zaia. Che cosa, se no?

Bonaccini spiega a Varese come si batte Salvini. E tra il pubblico c’è Maroni

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