La testimonianza del ristoratore: “Negli occhi quella bambina sotto le macerie”

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Ciro Marino, uno dei titolari dello Sfizio

ALBIZZATE – Un paese sospeso tra dolore, incredulità e rabbia. Un paese, Albizzate, che vive la tragedia di via Marconi in un clima quasi surreale, come se quanto accaduto mercoledì pomeriggio fosse davvero fuori dalla realtà, frutto della finzione cinematografica. “Invece non è un film” dice Ciro Marino, uno dei titolari del ristorante Lo Sfizio, che occupa parte dei locali ricavati una trentina d’anni fa dai capannoni della Bellora, storica fabbrica tessile che nel secolo scorso diede lavoro e centinaia di persone, sia di Albizzate sia del circondario. Ciro è il marito di Antonella Corradin, salva anche lei per miracolo dal crollo che ha ucciso una madre e i suoi due figlioletti. “Ero appena arrivata, ci stavamo preparando per il lavoro serale – spiega la signora – Sono entrata in cucina, ho sentito un botto sordo, spaventoso, improvviso. Sono uscita, ho capito. Faccio fatica a riprendermi”.

“Vicini ai famigliari delle vittime”

Antonella ha chiamato il marito, precipitatosi in via Marconi. “La scena che ho davanti agli occhi non la dimenticherò per tutta la vita” sottolinea Ciro Marino a bassa voce, come se volesse raccontare e a un tempo cancellare ciò di cui è stato testimone. “Poi c’è quella bambina, sotto le macerie. Ci sono i soccorritori che provano a rianimarla. C’è il pianto del fratellino che si è salvato. Ci sono le grida, i rumori, la concitazione di un momento drammatico. E’stato un inferno. E purtroppo non era un film. No, che non era un film”. La voce gli si rompe in gola, si riprende. Si commuove pensando alle vittime, ai loro famigliari, al lutto di una famiglia e, indirettamente, di una intera collettività.

Quella misteriosa crepa

“La cause del crollo? Non so, non capisco. Le stabiliranno i periti che nominerà la procura della Repubblica”. Si dice che nella mattinata un muratore fosse salito sul tetto per visionare una crepa. E’ vero? Riecco Ciro Marino. “Io non c’ero. So quello che mi ha detto uno dei camerieri. Effettivamente un operaio sarebbe arrivato. Forse l’ha mandato il proprietario dello stabile (si tratta di un signore di Busto Arsizio, ndr), che cosa sia venuto a controllare non lo so. Mi dicono che i carabinieri l’hanno già sentito. Altro non saprei aggiungere”. Forse impossibile prevedere il collasso strutturale di un cornicione da una crepa nel muro, benché sia scontato ritenere a posteriori che proprio quella “ferita” rappresentasse un segnale, un avvertimento. Una supposizione, certo. Che nessuno, almeno per ora, potrà confermare. Marino però assicura che la manutenzione è sempre stata puntuale, che nulla in quell’edificio era lasciato al caso. E allora? Allora – siamo sempre nel campo delle ipotesi – il difetto potrebbe essere ricercato in un errore di progettazione o di costruzione, che trent’anni dopo ha provocato il disastro. Tutto è però da verificare, assieme ad altre possibili cause.

Il ristorante del Milan

Lo Sfizio era diventato uno dei luoghi di aggregazione dell’intera zona. Spesso frequentato anche da dirigenti e giocatori del Milan (Milanello è a un tiro di schioppo), aveva appena ripreso l’attività dopo i mesi del lockdown. “La botta del coronavirus è stata pesante, il crollo di mercoledì ci ha dato il colpo mortale” avverte il titolare del locale. “Riprendere il lavoro? Qui è impossibile, almeno per un numero imprecisato di mesi, se non di anni. Vedremo se sarà possibile altrove, ma non sarà facile”.

Crollo di Albizzate, il giallo della crepa sul cornicione. Indaga la procura

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