I moderati, il centro e il cerchiobottismo

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di Gian Franco Bottini

Il giornalismo politico ha spesso creato fantasiosi aggettivi entrati poi, oltre che nel linguaggio comune, anche nel dizionario della lingua italiana. E’ il caso del termine “cerchiobottisti” (chiaro riferimento al detto un colpo al cerchio e un colpo alla botte”), che, comparso la prima volta su La Repubblica nel 1996 , indicava ironicamente chi una volta appoggiava la destra ed un’altra la sinistra,  a seconda delle convenienze del momento.

Facile sarebbe applicare l’aggettivo in questione andando a spulciare fra i candidati di moltissime liste delle recenti elezioni amministrative. Tralasciando però i molti squallidi casi nei quali localmente l’aggettivo potrebbe a buona ragione essere applicato, ben più significativo è rilevare l’utilizzo che una certa stampa, seppur di livello, ancor oggi ne fa per indicare, per esempio, l’ex ministro Calenda, individuato come l’attuale cerchiobottista di maggior prestigio.

Non siamo assolutamente d’accordo sull’attualità di quest’ultimo e di altri giudizi analoghi che, seppur spesso vestiti di evidente ironia, rappresentano una semplicistica, se non rozza, interpretazione di un quadro politico enormemente più variegato rispetto a quello, strettamente bipolare, dei tempi nei quali il termine in questione fu coniato.

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Gian Franco Bottini

Oggi, infatti, oltre a delle sfarinate destra e sinistra è diventato un mantra il riferimento ad un non definito “centro” del quale, politicamente parlando, è faticoso individuare i variabili confini. Se il buon Gaber fosse ancora tra noi avrebbe dovuto rivedere le terzine della sua canzone e oltre a chiedersi cosa fosse la destra o la sinistra avrebbe dovuto necessariamente aggiungere “ma cos’è questo centro?”

In effetti a questo appetibile “centro” è difficile assegnare un perimetro certo, se lo si vuole legato ad una presenza politica e quanto meno partitica; risulta invece molto meglio definito se lo si rappresenta con quel 50% di elettori che hanno disertato le ultime elezioni amministrative, persino nelle città della nostra provincia usualmente molto più sensibili al dovere civico del voto.

Il”centro”, quindi, può esser definito un ampio spazio politico occupato più dagli elettori che non dalla politica ed in particolare, per diffusa opinione, occupato da  quello che viene definito, anch’esso con una delle immagini oramai entrate nel linguaggio comune, il popolo dei “moderati”. Un popolo evidentemente infastidito e disinteressato nel seguire il cazzeggio dei partiti e molto più interessato alla soluzione dei problemi, soprattutto quelli della vita quotidiana.

Se ciò fosse confermato significherebbe che il popolo dei “moderati”, almeno in sede locale, nelle ultime elezioni si è rifiutato di operare una scelta ideologica tra destra e sinistra, molto più interessato alla soluzione dei problemi e probabilmente disponibile ad una scelta che di volta in volta privilegiasse chi dimostrasse di saperli affrontare, al di fuori di una qualsiasi preconcetta ideologia. Anche in questo caso definire i “moderati” un popolo di “cerchiobottisti” sarebbe però un grave errore. Ne verrebbe come logica conseguenza che l’astensionismo dei “moderati” certifica che gli stessi non hanno trovato, nel” loro centro”, una proposta adeguata e in grado di scaldare i loro cuori.

E questo lo si può verificare anche in ciò che è avvenuto nelle grandi città della nostra provincia dove la risposta “civica”, che in altri tempi ed altre circostanze si era dimostrata la risposta più vicina alle esigenze dei “moderati”, per lo più si è andata ad annacquare “cerchiobottisticamente” nelle coalizioni partitiche, rinunciando ad affrontare una indipendenza certamente carica di rischi. Chi ha accettato la sfida solitaria ha probabilmente difeso la propria identità civica, ma non è stato sufficientemente incisivo da essere considerato un soddisfacente punto di riferimento.

Non si può inoltre ignorare la confusione che si è creata in alcune nostre città, per esempio a Busto, dove il “centro” è stato oggetto di un assalto da parte di una disomogenea miscellanea di forze politiche, minoritarie fin che si vuole ma con una immagine nazionale di una certa importanza seppur velata da un evidente ombra di“cerchiobottismo”.

Un “cerchiobottismo” regolarmente testimoniato dal fatto che le stesse sigle politiche hanno operato, nelle diverse città, con scelte di coalizione fra loro contrastanti, frutto evidente delle convenienze locali.

In molti anelano a questo “centro” che si sta continuamente allargando, se si accetta di misurarlo sulla base del crescente astensionismo, ma pochi dimostrano di volerlo occupare con serietà e pragmatismo, assumendosi il rischio di abbandonare le proteggenti attuali compagnie, a destra o a sinistra che siano.

Realistico è aspettarsi che, in previsione dei prossimi passaggi di sicuro impegno politico (Presidente della Repubblica, elezioni politiche) nulla possa cambiare e in sede locale, quando si presentasse qualche necessità elettorale, si debba ancora assistere a sporadici assalti del tipo”toccata e fuga”. Se così fosse si radicherebbe l’idea che l’evoluzione moderna del “cerchiobottismo” si possa chiamare “centrobottismo”. Una nuova materie per il dizionario della lingua italiana e la riproposizione della gaberiana domanda :”ma cos’è questo centro?”

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