di Gian Franco Bottini
Pare d’essere sulle montagne russe; condannati a girare senza poter scendere dalla giostra. E’ la sensazione che si ha pensando agli incredibili ultimi sei mesi della nostra vita, fatti di inaspettate cadute nel baratro delle paure e di risalite più o meno rassicuranti, sempre intrise però dal terrore di improvvise discese. Facciamo fatica a governare con sapienza gli entusiasmi dell’estate, pur avendo sullo sfondo dei nostri pensieri il timore di una seconda ondata pandemica e la quasi certezza di una prima vera ondata economica.
Per la prima abbiamo, se non i rimedi, almeno le difese e sono tutte in mano nostra; per la seconda potrebbero esserci dei buoni presupposti per affrontarla, ma malauguratamente sono in mano alla politica, e la cosa non ci lascia tranquilli.
Non si vuole fare del terrorismo e ci auguriamo che ogni indice economico venga annunciato come “migliore rispetto alle previsioni”, ma lo scenario dell’autunno è facilmente ipotizzabile. Alcune provvidenze di emergenza cesseranno i loro effetti, i licenziamenti si sbloccheranno, le famiglie ne soffriranno , i consumi non cresceranno, il commercio soffrirà ancor più di adesso. Un solo rimedio sarebbe determinante: far crescere il lavoro!
Sembra facile ma dalle aziende non ci si possono aspettare tempi brevi! Quelle che lavorano per l’interno, con la crisi dei consumi, soffriranno del classico cane che si morde la coda ; quelle che lavorano per l’esportazione soffriranno dei problemi pandemici dei mercati più importanti, alcuni dei quali stanno pagando, e facendo pagare a tutti , la loro stupidità nell’aver sottovalutato un gravissimo pericolo sanitario.
La più antica ricetta economica suggerisce che, nei momenti di crisi, creare lavoro per aumentare i consumi lo si fa spingendo sulle opere pubbliche, ricetta però non sempre applicabile per mancanza delle risorse finanziarie adeguate. Sembra incredibile ma l’unica buona notizia è che questo problema oggi non c’è; fra opere già finanziate e mai eseguite e finanziamenti più o meno accertati da parte dell’Europa i miliardi di euro paiono abbondare. Il nostro vero problema è un altro ed è ben noto: i soldi non sappiamo usarli,”né presto né bene”!
Proprio in questi giorni abbiamo assistito all’inaugurazione del ricostruito ”ponte di Genova” e al di là delle liturgie e delle chiacchiere di rito, delle vere o false emozioni, delle inevitabili critiche e delle presumibili code giudiziarie che fanno oramai parte delle usanze italiche, una cosa caratterizza questa opera: dopo due anni dal disastro il ponte è stato ricostruito.
Sotto l’onda delle emozioni e sotto la spinta delle necessità, la politica ha dimostrato che” presto e bene” si può fare. Ma la cosa suona però anche come un clamoroso “mea culpa”, certificando che quando ciò non è avvenuto, o nel futuro non avverrà, la responsabilità è e sarà tutta da addebitare alla politica stessa.
Il “modello Genova”, semplificando, era basato su un Commissario , il sindaco della città, che si è assunto generosamente ma consapevolmente le responsabilità di scelte e di snellimenti burocratici. Uno schema che, laddove serve, andrebbe ripetuto, ma che toglierebbe alla politica e alla burocrazia molti spazi di manovra.
A proposito di ciò , qualche sera prima dell’inaugurazione del ponte, un esponente della maggioranza ha già messo le mani avanti dichiarando che il “caso Genova”, dal punto di vista procedurale, va considerato un unicum irripetibile, quasi si fosse trattato di una miracolosa moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Per tali ragioni siamo certi che la bagarre si scatenerebbe già subito sulla nomina dei vari Commissari, che i partiti tenterebbero di imporre non certo per le loro capacità manageriali ma per la fedeltà agli indirizzi dei partiti stessi . E da li in avanti sarebbe tutta un’altra storia, che ci farebbe guardare il ponte di Genova con un sospiro.
Ci auguriamo di venir smentiti e che le urgenze del momento sappiano far superare a questa nostra classe politica gli antichi difetti, le smanie propagandistiche e una certa propensione all’”affarismo”. Ma, sinceramente, lo possiamo sperare da parte di chi in pieno Coved-19 ha valutato urgente assegnare 300.000 euro per incentivare l’acquisto di “monopattini elettrici” o, per stare sul locale, da chi, in un agosto carico di apprensioni, pensa di impegnare (per tempo, perché non scappino!) ben 110.000 euro e oltre per avere a Natale un centro cittadino hollywoodiano sotto lo slogan “Le famiglie al centro”, quasi questa, e di tale entità, possa essere a quel tempo la priorità per le nostre famiglie?
Non ci facciamo illusioni, l’autunno sarà difficile.