Busto, presidio alla Bandera: «Tornare a casa vivi è un diritto. Garantitelo»

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BUSTO ARSIZIO – Il giorno dopo la drammatica morte di Christian Martinelli, l’operaio sestese di 49 anni rimasto coinvolto nel fatale infortunio sul lavoro avvenuto ieri, mercoledì 5 maggio, alla Bandera di Busto Arsizio, i sindacati hanno organizzato un presidio di due ore (dalle 9 alle 11) davanti al sito produttivo di via del Roccolo.

Il silenzio dei colleghi

Presenti una ventina di lavoratori: tutti in silenzio in segno di rispetto per Martinelli. A terra, non lontano dalla cinta dell’azienda, in mazzo di fiori. Negli occhi lo sgomento per quanto accaduto soltanto il giorno prima.

Non c’è abbastanza attenzione

A fare da contraltare al rispettoso silenzio dei colleghi si è alzata la voce dei sindacalisti. «Siamo qui per solidarizzare e per testimoniare il fatto che sul fronte della sicurezza non è mai abbastanza alta l’attenzione. Quello della sicurezza sul lavoro è un diritto ed è un diritto che deve essere a disposizione dei lavoratori non solo della Bandera ma di tutta Italia», ha detto Caterina Valsecchi, segretario generale Fim Cisl Como-Varese. 

Più investimenti per la sicurezza

«Conoscevo Christian personalmente – aggiunge Ilaria Montagner, Cisl dei Laghi – Era un nostro iscritti, era una persona attenta che frequentava anche la nostra sede di Busto Arsizio. Ha sempre portato il suo contributo anche per migliorare quello che veniva fatto a livello di contrattazioni in azienda. Il lavoro è un diritto, ma anche quello di tornare a casa a fine turno lo è e deve essere garantito. Siamo molto carenti a livello di investimenti sul fronte della sicurezza sul lavoro e questo è un appello alle istituzioni per cercare di migliorarsi».

Servono più ispezioni

«Come Fim, Fiom, Uil, un anno e mezzo fa abbiamo fatto un’inchiesta di massa, raccogliendo oltre 6.100 questionari tra lavoratori metalmeccanici della provincia proprio sul tema della sicurezza sul luogo di lavoro – ha spiegato Nino Cartosio, segretario generale Fiom Cgil Varese – Da quella ricerca emergeva una realtà complessa: il 40% per cento dei lavoratori dichiarava di non lavorare sempre in sicurezza, ma al tempo stesso l’85% diceva di conoscere appieno i rischi della propria mansione. Da parte loro c’era la richiesta di maggiori interventi ispettivi all’interno dei luoghi di lavoro, che è un tema noto anche al sindacato che da tempo chiede il potenziamento degli organici di chi è deputato a fare questi controlli».

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