Busto, il Te Deum di monsignor Pagani: «Casa e lavoro, problemi da affrontare»

BUSTO ARSIZIO – Il Te Deum di monsignor Severino Pagani chiude «un anno che non dimenticheremo», l’anno del Covid. Invocando attenzione per chi è in difficoltà: «Ripartiamo da chi è più svantaggiato e dalle istituzioni che se ne occupano – l’invito del Prevosto – senza casa e lavoro, è compromessa ogni forma di educazione civica. Affrontiamo uno alla volta i problemi, senza demagogia e senza attendismi. È un lavoro che costa, perché ogni decisione non accontenta mai tutti, ma non fermiamoci alle glorie del passato, che non esistono più».

«Fiducia nel futuro»

È l’appuntamento più atteso nella Basilica di San Giovanni, quello della Messa prefestiva di Capodanno che, accanto alla recita del Te Deum, consegna alla città, di fronte alle autorità sedute nelle prime file, l’omelia “programmatica” che fa il bilancio dell’anno che si sta concludendo e getta lo sguardo su quello che sta per aprirsi. «Dopo mesi di incertezze e di inquietudine», monsignor Pagani invoca «una nuova fiducia nel bene comune». Perché, spiega, «abbiamo bisogno di avere fiducia nel futuro – invoca il Prevosto di San Giovanni – quello che ci sta di fronte assume le forme plurali di una rinnovata inclusione sociale». Servono «abilità e saggezza per ricostruire, con scienza ed equità, il lavoro che abbiamo perduto e che stiamo perdendo. Un impegnativo traguardo», da perseguire «monitorando ogni possibilità di conflitto sociale».

L’omaggio agli operatori sanitari

Don Severino ha voluto ricordare «tutte quelle persone che con estrema generosità, anche attraverso la loro professione, si sono prese cura degli altri, delle persone anziane, sole, tristi, in difficoltà economiche, in fatiche psichiche. L’amore molte volte ha vinto anche sulla debolezza di qualche infrastruttura». Sono stati «gesti di dedizione» che hanno portato il «balsamo della consolazione», in un periodo in cui «abbiamo conosciuto più da vicino la morte». E in vista del 2021 sono tre i propositi per la città: la comunione ecclesiale, sociale e politica.

Comunità e solidarietà

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Monsignor Severino Pagani

La comunione ecclesiale. «Non credo che finito il lockdown torneranno tutti in chiesa», ammette Pagani. Ma «forse la comunità cristiana è più essenziale di quanto non possa sembrare. E serve un amore più puro, libero, disinteressato, anche nelle nostre comunità». E la comunione sociale: partendo dagli «esempi molto belli di solidarietà sociale» che si sono visti durante la pandemia, Monsignore si augura che le esperienze del volontariato assumano una forma «strutturata e fedele, non solo legata alle emergenze». Infine, «una comunione politica e amministrativa che, al di là delle differenze ideologiche metta in luce alcuni valori comuni, troppo fondamentali per la nostra città e per la dignità dell’uomo».

«Un colpo d’ala»

Come già nella benedizione a Palazzo Gilardoni, il Prevosto rivolge lo sguardo all’anno elettorale che verrà. «Dobbiamo ridare fiducia alla vera politica, quella che investe sul bene comune, per uscire da una palude senza orizzonti, di cui un po’ tutti responsabili con il nostro istintivo generalismo – l’appello di Severino Pagani – abbiamo bisogno di una maggiore convergenza, che tiene conto della complessità della società moderna, dei suoi grovigli esasperanti. Non tagliare i fili, ma sciogliere i nodi». E ai fedeli il Prevosto indica la via dell’impegno politico: «Non possiamo tirarci fuori né solo giudicare e commentare». Anche perché quello che arriva, con il voto nel 2021, è un «tempo propizio per dare un colpo d’ala alla gestione pubblica della città, ciascuno con la sua competenza e responsabilità».

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