Congresso provinciale, Molinari: «Nessuno prenda il PD come trampolino personale»

VARESE – Congresso provinciale del Partito democratico: ecco la “jailbreak” di Roberto Molinari in vista dell’elezione di un segretario provinciale che dovrà avere tutte le caratteristiche per riportare il partito sulla strada della crescita politica e di consenso in terra varesina. L’assessore ai Servizi sociali di Varese, storico esponente dem, mette nero su bianco la “procedura di sblocco” per uscire dagli schemi «dell’ambizione personale, del dualismo interno e della scelta di “per forza di cosa”».

Molinari, dopo il Nazionale, la stagione dei congressi è stata annunciata, ma tarda ad arrivare. Nel Partito democratico chi ha paura di affrontare quello che si preannuncia come uno showdown?
«Più che paura ad affrontare i congressi vedo serpeggiare il dubbio di come affrontare la discussione che dovrà caratterizzarli».

In che senso, scusi?
«La verità è che non siamo noi “locali” a decidere modi e data. Stiamo attendendo indicazioni dalla segreteria nazionale. Ma oggi l’errore più grosso di chi vorrebbe mettersi in gioco sarebbe proporsi dicendo: “Mi candido per fare il segretario provinciale” senza esplicitare il motivo di questa volontà. Mi spiego meglio: non è più sufficiente fare una proposta organizzativa, i candidati prima scoprano le carte sui temi concreti e sulle idee che hanno in testa. Dopo semmai penseremo all’organizzazione».

Questo richiamo forte alle idee è perché il “terreno” del Pd, un tempo fertile di proposte e weltanschauung, è diventato arido?
«E’ innegabile che ci sia una regressione all’interno del partito. Ci stiamo focalizzando su alcuni temi rischiando la banalizzazione politica. Siccome però dal punto di vista della proposta politica e progettuale riteniamo di essere il meglio, dobbiamo anche dimostrarlo».

Elly Schlein è appena arrivata e l’hanno subito incolpata del flop alle recenti amministrative. Gettarle addosso anche il fardello di un Pd povero di idee non è ingeneroso?
«Elly Schlein non ha alcuna responsabilità sugli ultimi risultati elettorali. Il nostro segretario ha un anno di tempo per preparare le Europee del 2024. E noi iscritti dobbiamo dimostrare di non essere “politicamente” strabici. L’Italia è un Paese sempre più complesso e un partito come il nostro non può pensare di occuparsi di alcune politiche e non di altre. A livello nazionale, ma anche sui territori».

Quindi lei vorrebbe un partito meno radical chic e più popolare in termini di allargamento del consenso, è così?
«Io sto dicendo che il Pd non può non avere una proposta politica che sappia dare risposte anche al tessuto imprenditoriale. Eppure noi oggi non l’abbiamo. Bene parlare di diritti individuali, ma non possiamo tralasciare i diritti sociali, che poi sono quelli che toccano la maggioranza del Paese».

Molinari, così rischia di passare per l’esponente delle “destra” dem, lo sa?
«L’unica cosa che vorrei evitare è di farci dettare l’agenda politica da fenomeni mediatici. Ci siamo mobilitati per il caro affitti degli studenti e non è stata spesa una parola sulla Meloni che nella finanziaria 2023 ha cancellato i capitoli di spesa dedicati al sostegno affitti e alla morosità incolpevole. Vorrei proposte sul tema della disabilità, ad esempio, o su quello della psichiatria che è considerato l’ultima ruota del “carro Sanità”. Questioni che poi ricadono sulle spalle dei Comuni che non hanno più la forza economica per dare risposte. Ecco, avere visioni politiche su questi argomenti significa essere di destra dentro il Pd? Non credo».

La questione, come si dice, è troppo “spessa” per dipanarla a livello locale. Però anche qui si dovrà scegliere il segretario. Su quali basi?
«Primo: chi si candiderà non deve partire dal presupposto che la segreteria sia il trampolino di lancio per una candidatura a Roma o in Regione. Secondo: non si deve riproporre su scala provinciale lo scontro Schlein-Bonaccini. Le dinamiche locali sono completamente avulse dalle logiche romane».

Sul fatto che sta però avanzando l’onda del primo segretario donna cosa dice?
«Che darlo per postulato sarebbe il terzo grave errore da non commettere. Dico di più: è sbagliato definire a priori il genere di chi guiderà il partito in provincia di Varese. Non è che il prossimo segretario deve essere donna o sindaco o assessore, ecc.. Il prossimo segretario deve essere una figura che sappia leggere il contesto politico. E’, prima ancora del genere di appartenenza, il requisito irrinunciabile».

Deve essere “varesino”?
«Tutto ciò che ho detto sopra non nasconde né la volontà di candidarmi alla guida provinciale del Pd né una rivendicazione territoriale. Io credo che il partito debba tornare a fare formazione politica, anche a livello locale, e il percorso verso il prossimo congresso potrebbe essere l’occasione per voltare pagina e riallacciare il filo con la nostra storia».