«Il coronavirus ci ha messo in ginocchio». Il caso simbolo della Tekno di Caronno

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CARONNO VARESINO – Non solo il blocco delle consegne, ma anche l’esclusione immotivata da una fiera internazionale: «Qua è tutto stravolto. Sotto ogni punto di vista», ha detto Gianbattista Pirola, fondatore e titolare della Tekno Mp, delle situazioni paradossali in cui l’azienda si è trovata per l’emergenza coronavirus. L’impresa di Caronno Varesino, caso simbolo della crisi, è associata a Confapi: come ha sottolineato il suo direttore Piero Baggi, è un momento davvero delicato, che coinvolge «non un gruppo particolare di aziende o alcuni settori, ma tutto il sistema».

«Oltre al danno abbiamo avuto la beffa»

Fare impresa ai tempi del coronavirus sta diventando…un’impresa. Una sfida durissima: Gianbattista Pirola ha raccontato lo stato, di cui si è occupato anche il Tg5, nel quale si trova la Tekno, azienda con alle spalle quarant’anni di storia.

Pirola, com’è cambiato per voi il mondo in queste due settimane?
«Dire cambiato non rende l’idea della nostra situazione e di molti altri imprenditori. Qua è tutto stravolto. Sotto ogni punto di vista. Della produzione, del marketing, degli scambi commerciali e perfino dei rapporti, storici e consolidati, con i nostri clienti e fornitori».

Cosa sta accadendo alla Tekno?
«Partiamo dalle perdite immediate, ovvero quelle che abbiamo già avuto. Nei prossimi giorni avremmo dovuto partecipare alla più importante fiera internazionale della logistica e dell’automazione. Per preparare questo appuntamento abbiamo lavorato un anno intero, spedito gli inviti e perfino le casse con tutto il materiale da esporre. Avremmo dovuto presentare un prodotto unico al mondo per un veicolo a guida automatica. Bene, qualche giorno fa gli organizzatori ci hanno comunicato che non possiamo partecipare in quanto siamo un’azienda della Lombardia. Abbiamo provato a spiegare che non siamo nella zona rossa, ma non hanno voluto sentire ragioni. E così oltre al danno abbiamo avuto la beffa, ovvero una pesante perdita economica, ma anche la sensazione di essere stati sottoposti a una selezione che non ha ragione di essere».

State riscontrando anche difficoltà a livello di produzione?
«Certo. A oggi, grazie alle disponibilità del materiale in magazzino, possiamo garantire la produzione fino a maggio. Questo perché alcuni dei nostri fornitori di componenti o sono chiusi o a loro volta non ricevono il materiale necessario. Ad esempio, noi lavoriamo molto con la Germania o con ditte legate alle imprese tedesche. Abbiamo un cliente, che abbiamo coltivato per due anni: abbiamo messo a punto un macchinario e a gennaio siamo finalmente entrati in produzione. Siamo riusciti a consegnare gli ordini di febbraio, ma l’altro giorno ci ha comunicato di bloccare altre consegne, poiché a sua volta si è visto bloccare le consegne di un componente dalla Cina e anche lui dovrà fermare la produzione. Ma non è l’unico caso».

Ovvero?
«Un altro nostro fornitore tedesco che ci fornisce riduttori per i servosterzi ha già comunicato la sospensione delle consegne, spiegando che nemmeno lui sa quando potrà riprendere. Anche in questo caso possiamo continuare a produrre fino a metà aprile. Ma poi?».

Relazioni internazionali in crisi. E sul fronte degli scambi sul territorio?
«Non siamo certo messi bene. Basti pensare che un nostro storico fornitore, che ha l’azienda all’interno della zona rossa e ci fornisce un elemento indispensabile, è chiuso e non sa quando riprenderà l’attività. E anche in questo caso le nostre scorte ci consentono di andare avanti ancora per qualche settimana».

Cosa la spaventa di più in questo scenario di crisi?
«Non guardo al futuro a lungo a termine, poiché le preoccupazioni ci tengono ancorati al presente. In questo momento l’aspetto più preoccupante è legato alla liquidità. Direi che è vitale tenere l’attivo “in casa” per poter pagare gli stipendi, e quindi non allargare il fronte della crisi almeno sotto questo profilo, e i fornitori con i quali ancora riusciamo a lavorare. Insomma, lo sforzo più grande che stiamo facendo è quello di tenere viva la produzione».

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L’allarme di Confapi

Dopo la presa di posizione della Camera di Commercio di martedì 3 marzo, anche Confapi si è espressa sulla crisi in corso e delle sue pesanti ripercussioni: «Abbiamo cercato di tracciare un quadro della complessa situazione che sta coinvolgendo tutti i nostri associati», ha spiegato Baggi. «La situazione è davvero delicata poiché ad affrontare l’emergenza non sono un gruppo particolare di aziende o alcuni settori, bensì tutto il sistema. Basti pensare, ad esempio, alle imprese che operano all’interno del sedime aeroportuale di Malpensa e che si occupano delle pulizie o dei catering; alle realtà che lavorano con i cantieri che si sono fermati, a quelle legate agli eventi fieristici, tutti annullati. Oltre alle grandi difficoltà che le aziende lombarde si trovano ad affrontare con l’estero, anche in Europa, dove vengono tagliate fuori solo perché lombarde». Tutte, ha ricordato il direttore di Confapi, mettono sul tavolo la questione della liquidità: «A breve verrà a mancare e vi saranno ripercussioni anche sui lavoratori. Insomma, tutto il sistema produttivo è messo a dura prova».

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