Il covid19 fa crollare il petrolio e c’è chi ci guadagna (un sacco di soldi)

INTERVISTA CON LUCA FRANZOSI, DELLA "VIAR" SPA DI SUMIRAGO, CHE OPERA NEL CAMPO PETROLIFERO

Ecco un’interessante chiave di lettura per il covid-19: il prezzo del petrolio è crollato sotto i 20 dollari al barile, un valore talmente basso che raramente fu toccato dalla seconda guerra mondiale in poi. Il motivo? Riduzione della domanda (e quindi di consumo) su scala planetaria a causa della crisi collegata alla pandemia: la quarantena globale ha provocato il rallentamento (e in alcuni Paesi il crollo) della produzione industriale e quindi il consumo, dunque la domanda, di petrolio e derivati. A ciò si aggiungono le enormi riserve petrolifere dei Paesi produttori, al punto che non sanno più dove stoccare il petrolio a causa della sovra-produzione, e il disaccordo fra i Paesi produttori per ridurne la produzione: se ci fosse stata un’intesa sul taglio della produzione, il prezzo del greggio sarebbe rimasto a valori più alti di mercato, senza precipitare. Ma la Russia ha detto niet, niente tagli alla produzione.

Vista così la questione, ci sarebbe da fregarsi le mani. Prezzo del petrolio ai minimi storici uguale più risparmi per noi consumatori (che di questi tempi farebbero assai comodo). Ingenui. Di quanto è sceso il prezzo della benzina al distributore? E le bollette? C’è chi ci guadagna, ovviamente, ma non sono di certo i consumatori.

Cerchiamo quindi di capire meglio ciò che sta succedendo. E ne parliamo con Luca Franzosi, legale rappresentante della Viar Spa di Sumirago, 200 dipendenti, un gruppo che controlla aziende che operano nel settore petrolifero e più precisamente nella progettazione e realizzazione di componenti per l’industria del gas, dell’energia e del petrolio. La Viar è una delle poche aziende veramente sane del Varesotto e ha contratti di lavoro in tutto il mondo.

Non teme che questo crollo del prezzo del petrolio possa danneggiare aziende come la Viar?

No, perché i progetti on going, cioè già avviati, che stiamo seguendo i diversi Paesi del mondo, continuano ad essere attivi – spiega Luca Franzosi – contrariamente alle crisi del 2008 e del 2015, quanto molti progetti furono cancellati, la crisi del coronavirus al massimo sta comportando qualche rinvio sul piano temporale”.

E questo fa riflettere, o no?

Beh sì, nel senso che si tratta di un crollo del prezzo del petrolio probabilmente temporaneo: stimo che nel giro di 6 mesi, al massimo per fine anno, i valori del petrolio potrebbero tornare quelli normali”.

Cioè?

Il prossimo anno a gennaio potrebbe già essere sui 40 dollari al barile e nel momento in cui riparte la Cina in grande stile e quindi il fabbisogno energetico tornerà ad essere elevato, potremmo riportarci velocemente sui livelli di prima, addirittura 60 e 70 dollari al barile, ma ci vorrà un anno” spiega Franzosi. “E poi non dimentichiamo che il covid19 è solo una delle cause del crollo del prezzo: sul petrolio si è giocata e si sta giocando una vera e propria guerra fra nazioni: Usa, Russia e Paesi Arabi produttori, per chi è più forte”.

Ci aiuti a capire: ma chi ci guadagna e chi ci perde?

Il crollo del prezzo a questi livelli danneggia sicuramente gli Stati Uniti. Ma anche i Paesi Arabi produttori, che volevano un accordo mondiale per tagliare la produzione al fine di tenere più alto il prezzo al barile. Ma la Russia ha detto no. Chi ci guadagna? Beh, comprare oggi a 20 dollari al barile e vendere fra 6 mesi a 40 dollari sembrerebbe decisamente un buon affare, no? Potrebbero esserci grandi manovre speculative dietro, perché quando scende il prezzo del greggio, scendono di conseguenza anche le quotazioni delle azioni delle società petrolifere, aziende sane sia chiaro”.

Grazie al coronavirus, quindi, si possono portare a casa asset industriali di grande valore a prezzi da “saldi”. Ma quanto il covid ha inciso sul crollo del prezzo?

Tanto, inizialmente. E alcuni Paesi di fronte alla pandemia potrebbero averci marciato per speculare perché sanno perfettamente che questo prezzo non è realistico e probabilmente tornerà a 40/60 dollari al barile, come confermano diversi interlocutori ad alto livello negli Emirati Arabi”, spiega Luca Franzosi.

Il futuro?

Programmi di sviluppo energetico in Paesi in crescita come Mozambico e Angola, soprattutto per il gas, più pulito, meno inquinante. Ma anche programmi di linee sottomarine che consentiranno a molti Paesi di voltare pagina, almeno da un punto di vista economico. Questi programmi vanno avanti, con o senza coronavirus”.

Le tensioni sul prezzo del petrolio sono iniziate mesi fa e sono state battezzate “la seconda guerra mondiale del petrolio”. Poi è arrivato il covid-19 e 187 Paesi del mondo (sui 206 esistenti, di cui 196 riconosciuti sovrani) sono andati in lockdown. Pensate a quando i lucchetti verranno riaperti e l’industria mondiale ripartirà, con un rimbalzo pazzesco.