Fabbriche abbandonate lungo l’Olona. Il video che svela i “mostri” inquinanti

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VALLE OLONAFabbriche abbandonate, residui di amianto, polveri pericolose che si disperdono nel vento e olio lubrificante che penetra nel terreno. Questi i segreti svelati da un cittadino legnanese, Marco Patania, in un video pubblicato su Youtube. L’impavido fotografo ha visitato i principali stabilimenti incustoditi che sorgono sulle sponde dell’Olona, denunciando lo stato pericolante e pericoloso della situazione.

I mostri dell’Olona

«Esplorare è da sempre stata una mia passione», racconta Patania. «Un hobby che coltivo da quando ero bambino, e in questi ultimi mesi ho deciso di fare dei video in tutte le fabbriche abbandonate lungo il corso del fiume, per far vedere quanto materiale tossico contengono», spiega. Il reportage conduce il pubblico attraverso le storie di dieci edifici: l’amideria Gadda, la cartiera Aquila, Medio Ambiente 2000 e la I.n.s.a. srl a Fagnano Olona, il cotonificio Cantoni e la centrale termoelettrica Enel a Castellanza, la cartiera VI-MA e la cartiera Vita & Mayer a Cairate, la sanitaria Ceschina a Marnate, e infine la cartiera Crespi a Castiglione Olona. «Per quanto ho visto – sottolinea l’esploratore – quella in condizioni più critiche è la fabbrica I.n.s.a. srl di Fagnano Olona».

 

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(le fotografie nella gallery sono state scattate da Marco Patania)

A Fagnano la più inquinante

Fondata nel 1934 sulla sponda destra dell’Olona, la I.n.s.a srl produceva detersivi e smacchiatori che esportava in mezzo mondo. «Nonostante all’apparenza sembrasse abbandonato – dice Patania– lo stabilimento ha continuato a produrre fino al 2013». Anno nel quale la ditta è stata posta sotto sequestro dalla Procura di Busto Arsizio, dopo numerose segnalazioni e denunce da parte della cittadinanza. «Un’industria tristemente nota perché scaricava direttamente nel fiume, che di conseguenza era spesso ricoperto da uno strato di schiuma maleodorante». I controlli delle autorità hanno trovato oltre 2000 metri cubi di rifiuti ammassati in un piazzale, nella più totale mancanza di sistemi che evitassero il deflusso dei materiali inquinanti nel terreno e nel fiume. Nonostante anche Legambiente avesse presentato una denuncia nel marzo del 2017, dopo tre anni poco sembra essere cambiato. «Mi sono recato alla fabbrica lo scorso 3 marzo e ho potuto vedere che questi rifiuti, posti sotto una pericolosa tettoia di amianto, sono ancora lì», sostiene Patania. «Inoltre, l’interno dei capannoni è completamente ricoperto di un spesso strato di polvere bianca e vi è anche dell’olio lubrificante che penetra nel terreno».

Bisogna intervenire

La I.n.s.a. è quindi il caso più preoccupante, ma non è l’unico, perché situazioni simili si verificano anche in altre zone, e il rischio è quello che l’Olona continui ad assorbire questi materiali dannosi e a trasportarli nell’ambiente circostante. «Qualche settimana fa il fiume era diventato tutto bianco, con una schiuma davvero sospetta», racconta il fotografo. «Io non so se le cose possano essere collegate, ma penso proprio che il fenomeno fosse dovuto alle polveri della fabbrica fagnanese, probabilmente portate nel fiume dal vento. Insomma, lo stabilimento si trova a 5 o 6 metri dall’Olona, quindi non mi stupirei se fosse così», conclude Patania che spera ora in un intervento delle autorità a riguardo.

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