Incontro a Ferno sulla ‘ndrangheta: «Soldi e lavoro così i clan si radicano qui»

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FERNO – Come «Camaleonti» in grado di «Rinnovarsi ogni volta al termine di un’inchiesta e dei conseguenti arresti. Queste famiglie hanno dimostrato di essere in grado di mantenere un saldissimo controllo del territorio e degli affari che su questo territorio, e non solo, hanno portato avanti per anni». Cesare Giuzzi, firma del Corriere della Sera è stato protagonista ieri, venerdì 17 gennaio, del secondo incontro organizzato a Ferno da Cooperativa San Martino di Ferno, Periferia Sociale di Lonate Pozzolo, Consulta per la legalità del Comune di Lonate Pozzolo, Associazione “Laura Prati” di Cardano al Campo, Unione Cooperativa di Consumo di Samarate e Cgil Varese.

Unico obbiettivo: fare soldi senza dare nell’occhio

In una sala stracolma, così come già avvenuto in occasione per primo incontro de “La ‘ndrangheta tra noi”, Giuzzi ha risposto alle domande di Paolo Rossetti, giornalista de Il Cittadino di Monza, ripercorrendo le ultime indagini che in 10 anni, da Bad Boys sino alla recentissima Krimisa, hanno rivelato una forte presenza della criminalità organizzata sul nostro territorio. «Inchieste che hanno messo in luce la presenza di un livello politico e di interessi economici, mi riferisco ad esempio agli affari che hanno interessato i parcheggi nell’area circostante Malpensa, evidentissimi. Obbiettivo è uno soltanto: fare soldi». Restando il più invisibili «Possibile» alla collettività. Senza dare fastidio, insomma, in modo da non attirare troppo l’attenzione. Sul fronte economico Giuzzi ha insistito molto anche prendendo spunto dal questionario pubblicato all’indirizzo https://www.legalita.info/web/questionario/ al quale, per il momento, hanno risposto in forma anonima 223 persone.

Arruolarsi in un clan per avere un “lavoro”

Una delle domande contenute nel questionario riguarda il perché qualcuno potrebbe aderire alla criminalità organizzata di stampo mafioso. Oltre il 55% di chi ha aderito al questionario ha risposto «Per soldi», mentre il 23% ha risposto che «la mancanza di lavoro porta a far credere che arruolarsi in un clan sia la sola possibilità di avere un guadagno». Di qui l’importanza di «Continuare a parlare di mafia», come ha detto Giuzzi e di promuovere una cultura alla legalità che spinga a denunciare. E proprio alla domanda del questionario relativa alla possibilità di denunciare qualcuno appartenente a un’associazione mafiosa il 55% ha risposto che «Non saprebbe». Nell’immaginario collettivo emerge inoltre che il terreno più fertile per gli affari dei mafiosi sarebbe quello dell’edilizia, seguito da quello della gestione dei parcheggi come emerso dalle ultime inchieste, mentre c’è una percezione completamente efficace del lavorio delle forze dell’ordine sul territorio nonostante 10 anni di inchieste portate a termine con decine di arresti e condanne. Il questionario è ancora disponibile per chiunque volesse aderire all’iniziativa. 

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