Galimberti: così ho cambiato Varese. «Il centrosinistra? Ascolti di più la gente»

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VARESE – Quando nel 2016 entrò da sindaco a Palazzo Estense, di Davide Galimberti si diceva: “Sembra un civico, ma in realtà è il più politico”. Ora, dopo 4 anni di mandato, quella definizione è stata attualizzata e corretta: tra i politici è quello che più di tutti si muove da civico. E cosa c’è di vero in queste due descrizioni lo spiega proprio il sindaco di Varese: «Sono due letture tutto sommato corrette e che interpretano il mio modo di fare attività amministrativa e politica. Presto molta attenzione alle istanze dei cittadini e dei movimenti che nascono e si “muovono” in città. Per poter tradurre le idee in progetti concreti e innovativi per il territorio ritengo fondamentale saper cogliere gli spunti e gli stimoli che vengono da lì».

Sindaco Galimberti, dopo quattro anni di amministrazione Varese è diventata…
«Più dinamica. La città ha avuto e può toccare quel cambiamento che tanti cittadini si aspettavano. Anzi hanno chiesto con il voto. Oggi chi gira per Varese vede una serie di opere che hanno risolti problemi rimasti insoluti per anni e cantieri che, richiedono tempo, ma sono avviati a cambiare la città e dare le attese risposte».

Quali sono le opere più importanti che daranno lustro al momento di tirare le somme sul primo mandato e aprire la prossima campagna elettorale? 
«L’elenco sarebbe piuttosto lungo. Però direi l’illuminazione pubblica, il multipiano Sempione, la riqualificazione del comparto delle stazioni, il campo di atletica di Calcinate, il centro sportivo del Rugby Varese e piazza Repubblica dove tornerà il mercato. Senza dimenticare la riqualificazione del Palaghiaccio, i lavori alla caserma che partiranno il prossimo ottobre, ma anche il nodo viabilistico di largo Flaiano. E potrei andare avanti».

Insomma, il secondo mandato sembrerebbe superfluo a questo punto. O c’è qualcosa che non siete riusciti a realizzare?
«Non esageriamo. Tanto abbiamo fatto, ma tanto vorremmo continuare a fare. Dico una cosa su tutte: migliorare l’ingresso in città. Un capoluogo di provincia come Varese non può più avere la situazione viabilistica attuale in entrata. Largo Flaiano, ma anche le rotatorie all’inizio di viale Europa. Un progetto avviato, ma che ci impegnerà anche nei prossimi anni. Elettori premettendo».

Quattro anni di lavori, ma anche di frizioni in una maggioranza che taglia il traguardo con pezzi persi per strada, con qualche mal di pancia ed esponenti non esattamente soddisfatti di come, politicamente, sono andate le cose. Quanto dovrà lavorare per ricucire gli strappi?
«Ma no. Credo che il tutto si inquadri in quella che è l’evoluzione della politica in questo momento. La capacità del centrosinistra è, e deve essere, quella di interpretare al meglio la situazione contemporanea. Magari uscendo dagli schemi del 2016, dimostrando anche la capacità di aggiornare i programmi ma anche le idee che arrivano certamente dalla politica, ma anche dalla gente».

Tra i cambiamenti avvenuti nella sua maggioranza uno in particolare sembra non essere stato condotto fino in fondo. Quello relativo all’assessorato alla Cultura: dopo l’addio di Cecchi non ha più voluto redistribuire quelle deleghe. Perché? 
«Perché ritengo la Cultura un assessorato strategico, al quale ho voluto prestare personale attenzione. Roberto Cecchi ha lasciato un segno importante sulla città per quanto riguarda le politiche culturali. Un’azione alla quale abbiamo dato continuità, fino al Covid. Ma le mostre, i servizi culturali e il Festival Nature Urbane riprenderanno, spero, come prima non appena saremo fuori dall’emergenza del Covid».

Fuori dal politichese, quanto detto poco sopra si può leggere come “cambiamenti in vista”. E’ così? 
«Stiamo avviando una serie di incontri e riflessioni all’interno della compagine attuale. Ma anche con soggetti politici e del mondo civico che si sono costituiti in questi anni e che hanno nel proprio dna tematiche che dovrebbero essere al centro dell’impegno amministrativo. Siamo una coalizione di centrosinistra e riformista. Moderna, e che parla, e ha sempre parlato, con gli elettori. Anche quelli che in questi mesi sono delusi da un centrodestra sempre più populista e meno concreto».

Facciamo un salto avanti e immergiamo nel clima elettorale. Ha già un’idea di chi sarà il suo avversario del centrodestra? 
«Mi sembra che lì ci sia un po’ di confusione. Non aggiungo altro perché non sono abituato a entrare nelle vicende delle case altrui. Aspetto che venga scelto in maniera definitiva un candidato, visto che negli ultimi mesi di nomi ne sono stati fatti parecchi».

Se potesse scegliere, sfiderebbe un candidato della Lega, di Fratelli d’Italia o di Forza Italia? 
«Potrei anche trovarmi a sfidarli tutti e tre. Non è detto che il centrodestra si presenti tutto insieme. Da qui alle elezioni potrebbero cambiare molte cose».

Più facile avere contro un avversario uomo o donna?
«Nell’uno o nell’altro caso a me non cambia nulla. Spero invece che il candidato del centrodestra conosca bene Varese, ma soprattutto che abbia un legame forte con la città e la gente».

Chiudiamo con l’attacco, non il primo, che il sindaco di Busto le ha riservato in una recente intervista. Antonelli è anche presidente della Provincia. Come sono i rapporti tra Palazzo Estense e Villa Recalcati? 
«Ah sì? Non l’ho letto. Con il presidente della Provincia ho rapporti sporadici perché Antonelli ha allontanato l’ente dai territori e dagli amministratori locali. Ci sono invece interlocuzioni molto positive con alcuni consiglieri delegati. Con loro siamo riusciti a dialogare e lavorare su una serie di temi e progetti. Oggi la Provincia ha un ruolo ancor più defilato rispetto a quattro anni fa. L’auspicio mio e di molti altri amministratori è che torni a essere centrale su temi importanti quali i trasporti e la programmazione del territorio».

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