Genova, sotto il ponte Morandi batte forte il cuore di Busto

genova morandi busto

BUSTO ARSIZIO – Alberto Riva, ex ufficiale del Corpo della Croce Rossa militare richiamato in servizio. Negli Stati Uniti li definiscono riservisti. In Italia sono semplicemente volontari. Lo scenario è quello apocalittico e dolorosissimo del ponte Morandi di Genova. Il cuore che batte lì sotto da una settimana, con altre decine di cuori, è bustocco.

Volontario tra decine di volontari

«Ci mancherebbe anche non fossimo volontari – commenta Alberto Riva, architetto, ex assessore della giunta guidata dal sindaco Emanuele Antonelli, oggi, come si diceva riservista-volontario – io come tanti altri sono stato richiamato in servizio davanti a una tragedia immane. Una tragedia annunciata che, mi spiegano i genovesi, è persino stata, pur nella sua enormità, limitata. Un 14 agosto di pioggia, giorno feriale, che ha convinto molti turisti a non muoversi. Vista la stagione, visto il tratto così cruciale per la viabilità regionale, qualcuno dei testimoni si aspettava centinaia di morti. Sino 600 morti se il traffico fosse stato quello normalmente registrato qui il 14 agosto. Capiamoci: l’accaduto è una tragedia che il numero delle vittime non fa più grande o più piccola».

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Tutta una vita in un magazzino

Che fa un bustocco a Genova, sotto quel ponte maledetto? «Quello che fanno decine e decine di volontari arrivati da ogni dove – spiega Riva – cerco di rendermi utile per chi ha perso tutto». Nello specifico Riva, come ufficiale “richiamato” della Croce Rossa si occupa di gestire il deposito dove gli sfollati del rione “sotto il Morandi” possono sistemare «tutta la loro vita – spiega Riva – sono gli sfollati. Persone che hanno una finestra di due ore per prendere mobili, oggetti, ricordi, sistemarli in 50 scatoloni da noi forniti e depositarli qui. Per dieci giorni. Il tempo dato loro per trovare un’altra sistemazione».Deposito, custodia e naturalmente archivio affinché poi tutto venga restituito al legittimo proprietario.

Si paga il mutuo per una casa che non c’è più

«Tante storie. Tante persone. C’è chi, tra i 30 e i 40 anni, è riuscito a adattarsi meglio a un tale urto della vita. Ma qui vediamo arrivare anziani di 70, 80 anni, che non sanno che fare. Non sanno come ricominciare. Senza una casa. Vivendo in un’incertezza che speravano di aver superato – spiega Riva – c’è chi ha ancora 15 anni di mutuo da pagare per una casa che andrà giù». E di avere un risarcimento non se parla prima di un anno almeno. E con quei soldi si saldano i debiti con le banche per una casa che non ci sarà più. E poi?

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Tragedia annunciata da anni

Riva da architetto parla di tragedia annunciata. «Nel 1992 io ero all’università (architettura ndr)  e già studiavamo la complessità della manutenzione al ponte Morandi. Materiali inadatti e datati. Quando fu costruito quella era tecnologia a disposizione. Poi però ci si è fermati lì – spiega Riva – come ho detto una tragedia annunciata. Ho visto in questo giorni l’aggancio dello strallo che ha ceduto per primo: completamente usurato dal tempo». Oggi Riva torna a Busto. Con quale spirito? «Quello di rimettermi a disposizione di queste persone se sarà necessario. Come stanno facendo decine e decine di volontari da tutta Italia».

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