Grande è la confusione sotto l’albero

Che confusione, sarà perché votiamo? Ce n’è tanta di confusione, sotto l’albero di Natale della politica. A tutti i livelli, da quello provinciale a quello regionale fino a quello nazionale. E ancora una volta c’è una tornata elettorale alle porte, che “invaderà” i giorni delle feste, come già successe la scorsa estate. Anzi due: le elezioni per il presidente della Provincia del 29 gennaio – ma sono di secondo livello, quindi interessano soprattutto gli “addetti ai lavori”, sindaci e consiglieri comunali – e le elezioni regionali del 12 e 13 febbraio.
La politica, in vista di questi appuntamenti e non solo, non sta certo dando il meglio di sé. Pensiamo alla confusione attorno alle elezioni provinciali, con le due coalizioni che sono arrivate a poco meno di un mese dal voto senza avere ancora espresso il proprio candidato, tanto che il centrodestra ha dovuto praticamente “obbligare” il proprio presidente Emanuele Antonelli a correre per il bis. E tutto questo perché ormai nessuno si fida più del controllo che le segreterie dei partiti possono esercitare sui loro iscritti, e quando a votare sono solo i rappresentanti eletti nei consigli comunali, avere “presa” sulla propria base è fondamentale.
Ma guardiamo solo com’è la situazione del partito più “antico” dell’arco costituzionale, la Lega. Il recente congresso provinciale ha certificato una situazione di spaccatura a metà, che al di là del ruolo che sta giocando il Comitato Nord di Umberto Bossi è più che altro tra salviniani e non (più) salviniani. Le dichiarazioni di fuoco di Giuseppe Longhin contro il segretario Andrea Cassani e la clamorosa presa di posizione del già deputato e candidato sindaco a Varese Matteo Bianchi in consiglio comunale sono solo due esempi, estremamente emblematici, della confusione che alberga nella provincia che ha dato i natali al Carroccio. Poi c’è la corsa al posto al Pirellone, sentiero sempre più stretto rispetto a cinque anni fa, quando la Lega riuscì a far eleggere tre candidati, tanto che tra gli uscenti c’è chi si ingegna persino con una lotteria che mette in palio “ricchi premi”.
E Fratelli d’Italia? Primo partito a livello nazionale, lo diventerà quasi certamente anche in Lombardia con le elezioni regionali. Ebbene, da settimane in provincia di Varese è guerra aperta tra i “Fratelli” per aggiudicarsi uno degli otto posti nella lista per il consiglio regionale. Alla fine decideranno i vertici, e la base si adeguerà, anche perché in questo momento non è saggio pensare di abbandonare il “carro” vincente.
Non che sull’altro schieramento le cose vadano meglio, con l’opposizione a Fontana in Regione Lombardia che andrà divisa con due, o forse addirittura tre, candidati. Con scarsissime speranze di poter seriamente impensierire il centrodestra che governa da 27 anni in Lombardia. La prima a uscire allo scoperto è stata Letizia Moratti, con il Terzo Polo, poi il PD ha lanciato Pierfrancesco Majorino, che dopo lunghe trattative ha incassato l’appoggio del Movimento 5 Stelle ma ha perso quello di +Europa, movimento che pur essendo stato fino a pochi mesi fa apparentato con Azione ora non vuole sostenere Moratti e probabilmente finirà per correre da solo. Sembra uno scioglilingua ma è la fedele descrizione della situazione politica lombarda. In una parola, ancora: confusione.
E perdonateci se non tocchiamo la dimensione nazionale: basti pensare al balletto in corso sulla manovra finanziaria.
Questa è la politica, poi c’è la realtà. Quella dell’operaio di Induno, dell’artigiano di Montonate e della casalinga di Borsano, che fronteggiano i problemi concreti – i rincari delle bollette, l’inflazione che galoppa, le visite in ospedale fissate solo dopo mesi di attesa – e che guardano con preoccupazione alla guerra in Ucraina ma anche alle bizze del clima. Una realtà piena di incertezze, che appare sempre più distante da una politica che spesso fa fatica ad alzare lo sguardo rispetto al proprio ombelico. Ci dovrebbe essere «collaborazione», come ha richiamato il prevosto di Busto Arsizio monsignor Severino Pagani, invece c’è sempre più scontro ideologico. L’antipolitica è stata messa da parte ma ora tocca alla politica fare un salto di qualità. Perché invece di aumentare la confusione dovrebbe avere il compito di risolverla.

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