Il PD in Lombardia si prepara a “perdere bene”

L’ex sindaco della “rivoluzione arancione” Giuliano Pisapia ha detto no. L’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli ha fatto un passo indietro. Il sindaco di Milano Beppe Sala si è detto non disponibile già in tempi non sospetti, mentre quello di Bergamo Giorgio Gori ha già perso nel 2018 e quindi non è più in lizza. Il PD lombardo sfoglia la margherita e si scopre senza alternative particolarmente entusiasmanti rispetto all’ipotesi di appoggiare Letizia Moratti nella corsa alla conquista di Palazzo Lombardia. Proprio mentre Attilio Fontana, di fronte alla confusione delle opposizioni, si prepara a governare per altri cinque anni. Con le elezioni regionali che, da voci di corridoio, dovrebbero essere fissate per domenica 5 febbraio, prima data utile per la scadenza naturale della legislatura, una campagna elettorale “sprint” lascerebbe scarsissime possibilità a qualunque competitor. Figuriamoci se il competitor ancora non c’è.

La discesa in campo di Letizia Moratti ha sparigliato la corsa: paradossalmente fugando ogni dubbio del centrodestra sul Fontana-bis, la cui ufficializzazione era attesa da mesi, e nello stesso tempo provocando uno psicodramma tra i dem. Da un lato si moltiplicano gli appelli a sostenere Letizia Moratti, e non solo da ambienti più contigui al Terzo Polo: si va da un “padre nobile” del centrosinistra come Carlo De Benedetti a esponenti di spicco dei dem come Luigi Zanda, Alessia Morani e Roberta Pinotti, per non tacere, a livello locale, dell’assessore di Somma Lombardo Francesco Calò, fino ad una fetta dell’intellighenzia di sinistra, quella che a suo tempo non ha mai risparmiato bordate alla Letizia Moratti ministro dell’istruzione e sindaco di Milano. Dall’altro, però, c’è Rosy Bindi che minaccia di stracciare la tessera, c’è il più volte ex ministro Andrea Orlando che inorridisce all’idea di un PD che guarda a destra, c’è il PD milanese che storce il naso, a partire dall’europarlamentare Pierfrancesco Majorino, già all’opposizione della Moratti sindaco, e ci sono tanti “niet” più o meno illustri ad un’alleanza con chi fino a dieci giorni fa è stata una potenziale candidata del centrodestra un po’ a tutto, dal Quirinale al governo passando per Palazzo Lombardia.

Il PD è in un angolo. Perché in questo momento non ha un candidato di peso da contrapporre a Letizia, ma, al di là dei veti aprioristici, anche tatticamente sa che sostenere l’ex vice di Fontana, magari provando a lanciare un ticket con una personalità dal solido standing Democratico, aprirebbe le porte al rischio di una clamorosa spaccatura interna, soprattutto se il MoVimento 5 Stelle, un minuto dopo, dovesse tirar fuori dal cilindro una candidatura di richiamo a sinistra con il preciso scopo di drenare voti ai delusi del PD. Come uscirne? D’altra parte però la storia insegna che per conquistare la Lombardia non basta un buon candidato di centro alleato con la sinistra dal profilo moderato: come ricordato anche da Andrea Buffoni su Malpensa24 – da Diego Masi, esponente dell’allora Patto Segni fu scelto come antagonista di Roberto Formigoni nella prima elezione regionale diretta del ’95, fino ai più recenti Umberto Ambrosoli e Giorgio Gori, quest’ultimo sconfitto in modo netto da un Fontana che pure, al di fuori della provincia di Varese, scontava nei confronti dell’ex uomo Fininvest un enorme deficit di popolarità – è evidente che per andare all’assalto di Palazzo Lombardia occorre pescare voti fuori dal recinto del centrosinistra. E la carta di Letizia Moratti, in questo momento, è forse l’unica opzione credibile per provare a farlo. Magari è spregiudicato, ma in politica a volte bisogna prendersi dei rischi. A meno che non si preferisca star sereni e “perdere bene”, con un candidato sicuro, piuttosto che correre il rischio di “vincere male”, giocando d’azzardo.

pd candidato lombardia moratti – MALPENSA24