Il militare rifiutato dai militanti

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Il generale Roberto Vannacci

di Massimo Lodi

La candidatura di Vannacci spacca la Lega. Lascia di stucco il centrodestra. Indigna l’area cattolica. Salvini, che lo lancia alle europee per sottrarre voti alla Meloni e a Tajani, si ritrova contro esponenti di governo, alleati di maggioranza, sodali di partito. E persino la Conferenza episcopale italiana, che non può/deve tacere di fronte alle parole dette dal generale alla Stampa. Tipo: Mussolini fu un eminente statista, l’italiano ha la pelle bianca, l’aborto non è un diritto, gli studenti a scuola -compresi i disabili- vanno divisi in base alle loro capacità, le classi con “caratteristiche separate” aiuterebbero ragazzi di grande potenzialità a esprimersi al massimo. Infine, il meglio del peggio, l’esempio-shock: non metterei di certo un disabile a correre con uno che fa il record dei cento metri.

Giudizio che innesca la dura reazione della Chiesa. Il vescovo Francesco Savino, vicepresidente della Cei, va giù piatto: affermazioni che ci riportano ai periodi più bui della nostra storia. Le classi separate riproducono i ghetti, non bisogna emarginare i fratelli disabili o guardarli con sospetto, hanno tante abilità a noi sconosciute. La frustata ricorda quelle del ministro Crosetto: una di mesi fa (“Vannacci propone farneticazioni”) e una recente (“Il generale vada in Europa, sarà un bene per l’esercito”).

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Massimo Lodi

Disastro perfetto, ribadisce dal palco di Varese un altro ministro, Giancarlo Giorgetti, durante il comizio a sostegno di Isabella Tovaglieri, candidata per Strasburgo: condivido nulla di quanto pensa Vannacci. Prima di lui, il governatore del Friuli Venezia Giulia, Fedriga, aveva chiarito: sosterremo i nostri militanti, non il militare. Idem pensiero da parte del vice presidente del Senato, Centinaio, e di molti altri leghisti. La scelta del segretario non piace, Vannacci c’entra zero col mondo del Carroccio, immaginare d’usarlo nella conquista di consensi destinati a finire altrove rischia di privarsi d’un consolidato favore popolare. Pericolo tanto maggiore in un cimento elettorale che s’annuncia di minore appeal per Salvini rispetto al passato. Scommessa che potrebbe costargli molto cara. Sia a proposito del risultato atteso il 9 giugno, sia a proposito della sua futura leadership: aver trasformato il voto in un referendum su sé stesso può accelerare la ritirata del Capitano anziché favorirne il recupero dello smarrito favore di massa. La dimostrazione di come si può essere/andare Controvento, non più e solo il titolo orgoglioso d’un libro. Ma anche la certificazione d’uno stato d’insicurezza.

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