La sovrapposizione tra Baff e Cortisonici e l’esempio di Bergamo e Brescia

BUSTO ARSIZIO – In questi giorni sulle “colonne” di Malpensa24 abbiamo dato notizia della presentazione dei due festival cinematografici della provincia di Varese, il B.A. Film Festival a Busto Arsizio e Cortisonici a Varese. Notando un particolare, non di poco conto: le due manifestazioni si svolgeranno nello stesso identico periodo. Praticamente sovrapposti: dal 15 al 21 aprile il Baff, dal 14 al 22 aprile il festival dei corti. Per gli appassionati della settima arte del nostro territorio, una vera iattura: dovranno giocoforza dividersi tra Busto e Varese per poter vivere l’esperienza e l’atmosfera dei due Film Festival.

Una sovrapposizione che era già prevista nel 2020, poi la pandemia spazzò via entrambe le manifestazioni e anche il problema. E sarà pure vero che Baff e Cortisonici hanno due pubblici e due filosofie diverse, oltre a svolgersi in due aree della provincia diverse, ma lasciateci dire che per il mondo culturale del nostro territorio è una clamorosa sconfitta. E un’occasione persa. Non ci interessa in questa sede soffermarci su eventuali responsabilità o inerzia né su chi abbia stabilito per prima le date: siamo certi che ciascun organizzatore abbia fatto il meglio per il proprio festival. Ma registriamo un fatto, negativo per la nostra provincia. E che purtroppo si ripete ormai da tempo immemore. Ed è, al di là del singolo caso, l’incapacità di fare squadra tra le varie realtà del territorio e di creare sinergie in ambito culturale che possano alzare il livello delle ambizioni delle singole manifestazioni. Lo sappiamo, è un discorso trito e ritrito di residui di vecchi campanilismi che tocca la cultura come la politica, lo sport e tanti altri ambiti.

Gallarate ha il museo Maga e il più bel teatro della provincia, il Condominio Gassman. Busto Arsizio ha un festival del cinema tra i più quotati a livello nazionale, come il Baff, ma anche una serie di altri festival di alto livello, su tutti BA Classica. Varese può vantare il Premio Chiara e Villa Panza, solo per citare le eccellenze luminose. Messi tutti insieme questi protagonisti, ne verrebbe fuori un cast di straordinario spessore per un’opera corale, invece l’impressione è che ciascuna manifestazione si accontenti di un ruolo da solista e non faccia altro che vivere di luce propria. Può anche non essere un male, sia chiaro. Non sempre due più due fa quattro, quando si parla di cultura. Ma di fronte alle sfide di una realtà esterna sempre più complessa e competitiva, con risorse che tendono ad essere scarse per gli enti pubblici che sostengono questi “campioni” culturali, forse l’idea di provare a fare gioco di squadra potrebbe non essere così campata per aria. L’esempio, in fondo, ce lo abbiamo a poche decine di chilometri da qui, e ce lo danno Bergamo e Brescia, che si sono unite per diventare capitali italiane delle cultura. È vero, si è messa di mezzo la tragedia del Covid, che le due province hanno condiviso loro malgrado finendo per essere tra le aree più colpite al mondo dalla prima, letale, ondata della pandemia. Ma il risultato sta premiando questa scelta, generando un indotto di opportunità che le due città metteranno a frutto per crescere in futuro. Se si vuole guardare avanti invece che guardare il proprio ombelico, è un modello che andrebbe seguito.

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