Le supercazzole della politica sul futuro ospedale

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Ugo Tognazzi, il Conte Mascetti di Amici miei, inventore delle supercazzole

Emanuele Antonelli, primo cittadino di Busto Arsizio, si dice stanco delle chiacchiere attorno al previsto ospedale nuovo in condominio tra la sua città e Gallarate. All’estenuante e inconcludente bla bla della politica vorrebbe i fatti. Come dargli torto? Di più, in consiglio comunale dà un ultimatum alla Regione per la firma dell’accordo di programma, il documento che formalizza l’inizio ufficiale dell’iter per realizzare la futura struttura sanitaria: “Aspetto fino al 4 agosto, al massimo il 6 o il 7”. E poi? Delle due l’una: o si incatena davanti a Palazzo Lombardia o parte per le vacanze. Vedremo.

La speranza, non solo di Antonelli ma di tutti i cittadini, è che luglio porti finalmente delle novità rispetto a una situazione che definire kafkiana è un complimento. Un decennio o giù di lì di proposte, ripensamenti, lanci e rilanci sull’ospedale da costruire, con il nulla di fatto attuale. Con l’aggravante che i due nosocomi da fondere in uno, quelli di Busto Arsizio e Gallarate, stanno soffrendo maledettamente. Il quadro di riferimento è noto, a cominciare dai servizi ridotti o cancellati, dalla scomparsa di alcuni reparti, dalla confusione che pare dominare sulle prestazioni e la conseguente disaffezione degli utenti, anzi, sulla loro legittima preoccupazione che sfocia nella sfiducia rispetto alle cure. La vera stanchezza è la loro, costretti a districarsi nei labirinti procedurali e temporali per ottenere un esame strumentale o una qualsiasi forma di assistenza.

Sopra tutto ciò incombe la fuga del personale medico e paramedico, giustamente alla ricerca di lidi professionali meno tormentati e più remunerativi. E la politica che cosa fa? Parla. E parla tanto: nelle assemblee civiche, in consiglio regionale, nelle commissioni istituzionali, nelle sedi pubbliche e di partito. Si scambia accuse, si difende e attacca, è abile nello scaricabarile, porta e vuole portare la gente in piazza e pare si danni l’anima per risolvere i problemi. In verità, fa poco o nulla. Soprattutto per quanto riguarda il vero problema: la mancanza di medici e infermieri, una carenza da cui discende tutto il caos organizzativo e funzionale. Chi lo deve risolvere? Il governo, a quanto pare. Ma la Regione potrebbe metterci del suo, dice chi la sa lunga. Di sicuro non possiamo risolverlo noi, che non abbiamo né le competenze né gli strumenti per affrontarlo, ma nemmeno i sindaci.

Qui sta il punto: invece di rovesciarsi addosso veleno, i nostri politici potrebbero finalmente fare fronte unico per stimolare Roma a intervenire. Figurarsi: l’unità di intenti per affrontare una questione che riguarda tutti, indipendentemente dalle appartenenze, dal campanile e dalle esigenze personali e di bottega, è soltanto una pia illusione, al massimo un’idea spacciata per buona per fare colpo sull’opinione pubblica. La quale assiste impotente alla gara per conquistare consenso sulla propria pelle, magari strumentalizzando il tema, di una politica che eccelle in supercazzole, l’arte inventata dal mitico Conte Mascetti di Amici Miei per dire una cosa senza dire niente. Quando non ne sentiremo più pronunciare, significa che l’ospedale nuovo si potrà fare. Il dubbio è uno soltanto: ma quando?

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