Lonate, un cartello della droga con il “permesso” della ‘ndrangheta

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LONATE POZZOLO – Un cartello dello spaccio a Lonate Pozzolo. Un gruppo di pusher indipendenti che “lavoravano” entro i confini comunali dove a quanto pare “si sentivano protetti”. Una sola regola da seguire: per spacciare era necessario chiedere il permesso di Emanuele De Castro, già condannato in via definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso, coinvolto nelle operazioni Bad Boys e Infinito, luogotenente di Vincenzo Rispoli a capo della locale Legnano-Lonate. Per trafficare in droga a Lonate, insomma, serviva l’assenso della ‘ndrangheta.

Tenta il suicidio per un debito di droga

E’ questo il quadro tratteggiato dal procuratore aggiunto di Busto Arsizio Giuseppe D’Amico in relazione all’esito dell’operazione Atlantic, che all’alba di oggi, lunedì 15 ottobre, ha portato i carabinieri della compagnia di Busto Arsizio guidati dal capitano Marco D’Aleo, ad eseguire 15 ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip di Busto Patrizia Nobile al termine dell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero bustocco (oggi in servizio a Milano) Rosaria Stagnaro. “Le indagini hanno preso avvio da un salvataggio”, ha spiegato il colonnello Claudio Cappello, comandante provinciale dell’Arma. Nel luglio 2017 i militari di Busto intervengono infatti a Lonate Pozzolo su richiesta dei famigliari di un giovane residente in paese sparito nel nulla. Il ragazzo viene trovato in un cascinale abbandonato non lontano da casa: il giovane minacciava di togliersi la vita. I militari lo convincono a fermarsi e il ragazzo spiega di essere vittima di un tentativo di estorsione da parte di Michele Pagliari, arrestato questa mattina, uno dei pusher freelance che a Lonate spacciavano e per il quale il giovane custodiva la cocaina. Il ragazzo aveva contratto un debito di droga con Pagliari da oltre mille euro. Nei mesi il pusher in almeno 5 occasioni lo aveva minacciato e non solo per costringerlo a pagare. In un’occasione il ragazzo viene portato a forza al bar Atlantic da alcuni emissari di Pagliari e picchiato davanti a tutti. Da quel salvataggio partono le indagini.

Lo spaccio al bar Atlantic di via Dante

Il bar Atlantic di via Dante a Lonate era il fulcro dell’attività di spaccio. Va precisato che il locale in questione, chiuso alcuni mesi dopo l’avvio dell’indagine, ha riaperto lo scorso febbraio sotto una nuova gestione. Nuova gestione che non ha nulla a che fare con il passato, con la famiglia De Castro, ne tanto meno con l’inchiesta. I gestori sono totalmente estranei ai fatti contestati agli indagati.  Emanuele De Castro, appena uscito dal carcere dopo aver scontato la condanna definitiva per associazione di stampo mafioso, lo acquista dall’oggi al domani. A quanto pare aveva fondi da investire nonostante tutto e intesta il bar al figlio Salvatore, anche lui arrestato oggi. Lì si ritrovano i pusher, lì arrivano i clienti per farsi consegnare la cocaina ordinata. Lì i militari piazzano microfoni e telecamere nascoste sorprendendo tra l’altro, De Castro senior andare e venire a suo piacimento violando in 15 occasioni le limitazioni previste a suo carico dal giudice di sorveglianza. I proventi del giro di droga venivano investiti nel Car Parking Malpensa (oggi i carabinieri dell’ispettorato del lavoro ne hanno sospeso l’attività visto che i soli tre dipendenti presenti erano completamente in nero), anche quello teatro di spaccio. Altro punto per la vendita di droga era il chiosco all’interno del parco comunale San Rafael di Lonate gestito su licenza concessa dalla vecchia amministrazione comunale (oggi già sospesa) da Angelo Torquitto che con il figlio Marco e la moglie avevano avviato un’attività di spaccio a gestione famigliare.

La risposta dello Stato

Questa mattina è arrivata la risposta dello Stato. In tutto 40 mezzi dell’Arma hanno invaso Lonate a sirene spiegate, oltre 100 carabinieri coinvolti e l’elicottero dell’Arma a monitorare la situazione dall’alto. E 15 ordinanze eseguite.

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