La Città di Malpensa, sogno infranto da una politica miope

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Affrontiamo una di quelle questioni che, sulla carta, appaiono fondamentali ma, nella realtà, rappresentano il più classico dei nulla di fatto. Il tema è presto detto: la città di Malpensa. Cioè la somma delle località che stanno attorno alle piste dell’aeroporto e ne vivono gli effetti indotti, sia quelli positivi sia quelli negativi. Luoghi che condividono gli stessi problemi e, per questo e per la conurbazione che ne fanno un solo, indistinto luogo, dovrebbero o potrebbero appunto formare un’unica città. Un vecchio discorso, anzi, un vecchio sogno che, per definizione e non solo, rimarrà tale. La conferma arriva da Lonate Pozzolo, uno dei comuni interessati, che per ragioni più o meno valide, ha decretato la fine dell’unione con la confinante Ferno; istituto, l’Unione, che ha tenuto botta per un ventennio ed è naufragato sotto i colpi della politica incapace di governare le incombenze e le difficoltà amministrative.

Può essere che gli amministratori lonatesi abbiamo ragione a chiudere una simile esperienza, ma non è questo il punto. Da ricercare invece nelle volontà politiche di stare assieme e fare fronte alla complessità della convivenza con uno scalo internazionale. Oggi penalizzato dalla pandemia, ma pronto a riprendere quota appena il virus sarà un ricordo. Nello specifico, non importa se fra un giorno o fra dieci anni, Malpensa incombe comunque e bisognerebbe avere la perizia e la prontezza di gestire il territorio di riferimento senza divisioni, guardando al futuro.

Certo, esiste il Consorzio urbanistico volontario (Cuv), a cui fanno capo nove comuni. Si tratta però di un ente che non ha mai avuto una vera forza condizionante verso le istituzioni superiori, quelle che decidono lo sviluppo dello scalo e il destino sociale, ambientale, economico e urbanistico delle aree confinanti con le piste e i due terminal. A volte i componenti del Consorzio sono sembrati nove galli nel pollaio, ciascuno con le proprie esigenze e obiettivi particolari da raggiungere. Con sindaci che, senza generalizzare, hanno lavorato per sé stessi, cioè per il loro municipio. La Città di Malpensa è un’altra cosa, sia come struttura giuridica sia dal punto di vista dei confini.

Che Malpensa sia un’enorme opportunità per il territorio è persino scontato. Che sia stata colta appieno, non ci pare proprio. Vince sempre il campanile, l’orticello di casa, il limitato bisogno del qui e ora, affrancato da una visione complessiva e, appunto, unitaria. Chi arriva dagli Stati Uniti o dal Giappone, pensa di essere a Milano, ma all’uscita del Terminal 1 trova il cartello “Ferno”. Comprendiamo l’esigenza di affermare l’identità territoriale. Il rischio è però di affermare anche un provincialismo che non porta da nessuna parte, se non a contare meno di niente e lasciar decidere ad altri. Cosa che purtroppo è sempre accaduta proprio per la scarsa carica di interlocuzione di un territorio che non ha ancora imparato la lezione e continua nella sua ostinata miopia. Un difetto che è soprattutto della politica che lo popola.

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