VISTO&RIVISTO Il registro comico come terapia contro la deriva della società

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di Andrea Minchella

VISTO

BARRY, di Alec Berg e Bill Hader (Stati Uniti 2018, 26-35 min. x16, Sky Atlantic).

Comica. Ma non troppo. Non è facile costruire una serie intera con un linguaggio ed un ritmo leggero e gaudente. Il risultato, spesso, è deludente. Bill Hader, invece, ci sa fare. E’ un comico navigato che ha spopolato al Saturday Night Live, il palco da cui sono arrivati i più grandi comici degli ultimi decenni. Al Saturday Night Live si fa comicità prendendo in giro e rappresentando, in maniera surreale e demenziale, il mondo della politica e della cultura americana. Eddie Murphy, Jim Carrey o John Beluschi hanno incominciato proprio dove anche il camaleontico Hader ha mosso i primi passi ed è diventato tanto popolare da proporre, con successo, alla potentissima HBO una serie tutta sua, di cui si sta realizzando ormai la terza stagione.

“Barry” è, appunto, un prodotto fresco e diretto. I suoi episodi durano 25/30 minuti, come gli “sketch” della “stand up comedy” americana. La storia è semplice e originale: tra goffi atteggiamenti e crisi di identità, il giovane Barry Berkman, che di mestiere fa il sicario, si ritrova a Los Angeles per uccidere un uomo che frequenta una scuola di recitazione. Barry dunque si ritrova, suo malgrado, ad una lezione di questo corso che è tenuto dal bravo e coinvolgente Gene Cousineau, un bravissimo e ritrovato Henry Winkler. Ne segue una vicenda articolata e ben scandita che si snoda tra equivoci, battute dissacranti e sequenze brevi e centrate.

La brevità degli episodi spinge lo spettatore a divorare la serie tutta d’un fiato. E questo è un punto di forza. I personaggi, poi, che si muovono nella narrazione, sono ben descritti e si incastrano nella storia in maniera equilibrata e corretta. Ritroviamo, tra i personaggi, stereotipi di storie simili: i “cattivi” ceceni che uccidono e vengono uccisi come fossero negli angoli più remoti della loro terra perennemente in guerra; investigatori che indagano su fatti che difficilmente riescono ad essere messi in relazione; alunni della scuola di recitazione che vivono il loro corso come una proiezione delle loro vite.

Insomma “Barry” è un interessante racconto corale che non annoia mai, che fa sorridere e che ci descrive, in maniera leggera e comica, della complessa e inaspettata crisi di identità che ognuno di noi può ritrovarsi a dover vivere e gestire durante il suo percorso di vita. Spesso ci ritroviamo a vivere una vita che non ci piace, ma ci manca il coraggio di voltare pagina completamente. I rapporti famigliari, qui simboleggiati dal rapporto tra Barry e lo zio Fuches, e tutto il contesto che circonda la nostra vita diventano, spesso, catene difficili da rompere. Barry, in fondo, svolge il suo lavoro di sicario per una volontà non sua, è costretto ad accontentare lo zio, unico suo parente. Solo l’incontro accidentale con l’arte e con esseri umani che nelle loro debolezze riversano l’intera loro esistenza darà a Barry l’impulso di mettere in discussione tutto.

L’intero progetto è ben fatto. Scritto bene e realizzato meglio. Strizza l’occhio a serie di successo come “Dexter” o “breaking Bad” dove il punto di vista viene completamente rovesciato. Il montaggio apporta, ad una produzione già rapida e diretta, una maggiore fluidità che rende l’intera narrazione piacevole e scorrevole. La musica, gli attori e il linguaggio, poi, forniscono al prodotto finale una qualità superiore che trasforma una “delle tante” serie in una necessaria esperienza per chi ama la serialità come forma d’arte unica e, attualmente, più completa.

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RIVISTO

NIKITA, di Luc Besson (Francia-Italia 1990, 115 min.).

Un vero capolavoro. Un pugno al cuore. E poi, una carezza. Luc Besson più di trent’anni fa realizza, forse, il suo racconto più riuscito. Tutti ci siamo sentiti Nikita quando abbiamo assistito alla storia, straziante e dolce, della bellissima Anne Parillaud immersa in una storia di riscatto e di amicizia.

Besson confeziona un viaggio denso e articolato dentro le zone più nascoste dell’anima di una donna a cui è stato tolto tutto e a cui viene data una seconda possibilità. La freddezza del lavoro che Nikita è costretta a compiere si scontra con la dolcezza sussurrata della sua vita privata. E il risultato è sconvolgente. Una centrifuga di emozioni ci investe sin dalla prima inquadratura, fino i titoli di coda. Uno di quei capolavori che rimarrà per sempre innovativo, potente e contemporaneo.

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