Molestie sessuali sul posto di lavoro, l’avvocato: “Ecco come tutelarsi”

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L’avvocato Fabio Manfrè

BUSTO ARSIZIO – Inail nel 2021 ha reso noti i dati del fenomeno della violenza contro le donne in ambito lavorativo: si tratta di 1.404.000 donne tra 15 e 65 anni, che hanno dichiarato di aver subito molestie fisiche da parte di un collega o di un datore di lavoro, o ricatti sessuali sul posto di lavoro. La paura della vittima a denunciare, i percorsi sicuri, tra cui quelli legislativi, per liberarsi dal giogo del proprio aguzzino o molestatore, ma anche gli strumenti a disposizione dei datori di lavoro che si trovano a dover tutelare la propria dipendente. Tematiche approfondite nell’intervista dall’avvocato Fabio Manfrè

I dati dicono che ci troviamo di fronte a un fenomeno allarmante, eppure, altro numero che desta preoccupazione è l’81% delle vittime che non denuncia e vive nel silenzio il proprio dramma. Perché oggi è ancora difficile denunciare?
«Non bisogna biasimare le vittime che non denunciano le violenze subite in un contesto lavorativo, poichè gli ambienti lavorativi sono spesso connotati da una catena di comando maschile e maschilista e quindi il timore di essere penalizzate in tale ambito gioca un ruolo fondamentale nell’omessa denuncia insieme al timore di sentirsi isolata. Sotto questo profilo, è noto il fenomeno della così detta vittimizzazione secondaria che consiste nel rivivere le condizioni di sofferenza a cui la vittima è stata sottoposta con il timore si sentirsi giudicata dai colleghi con frasi del tipo: “Te la sei cercata“, “E’ anche colpa tua non dovevi vestirti cosi” etc. Sotto un altro profilo, le ultime cronache hanno fatto emergere che persino un manager di altissimo profilo ha omesso di denunciare il pericolo del crollo del ponte Morandi di Genova proprio per paura di perdere il posto di lavoro».

Chi trova il coraggio di rompere il muro di silenzio e denuncia è poi tutelata?
«Non tutti i datori di lavoro offrono tutela alle lavoratrici e allontanano i molestatori anche per paura di pagare le conseguenze risarcitorie. Sotto questo profilo occorre chiarire che le molestie e le violenze sessuali provocano un trauma di cui la vittima non si libererà più. La tutela per le vittime è garantita attraverso l’applicazione del codice penale e del codice civile. Occorre dire che l’elemento più difficile per la vittima è quello di fornire la prova dell’abuso che è suo carico. Questo aspetto costituisce il maggior ostacolo alla tutela giudiziaria, poiché spesso subentra la paura della falsa testimonianza dei colleghi di lavoro e la paura di non sentirsi supportata nel percorso di denuncia e il timore di rimanere isolati in ambito aziendale, considerando che spesso i colleghi di lavoro, in un’ottica egoistica, preferiscono l’omertà».

E una donna che ha subito violenze come può difendersi dal pessimo costume adottato dal molestatore di screditare la vittima?
«Non tutte le situazioni sono assimilabili. Anzitutto le dimensioni aziendali assumono notevole rilevanza, poiché nelle piccole realtà aziendali il pericolo di essere isolate successivamente alla denuncia è più elevato. Occorre ricordare che il molestatore rischia pene molte elevate in caso di violenza e successiva diffamazione della vittima. Anzitutto necessita evidenziare la differenza tra la violenza sessuale e la molestia. La Corte di Cassazione Penale (sentenza 27042/2010) ha stabilito che si ha violenza sessuale (art. 609 bis c.p.) ogni volta che viene compiuto un qualsiasi atto che consiste in un contatto corporeo (anche se fugace ed estemporaneo) tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, o comunque in un coinvolgimento della sfera fisica di quest’ultimo, e pone quindi in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sua sfera sessuale. Ad esempio, il toccamento non casuale dei glutei, ancorché sopra i vestiti, configura violenza sessuale e non la semplice molestia sessuale (art. 660 c.p.), che è invece integrata solo in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivo ed insistito diversi quindi dall’abuso sessuale». Se dalle espressioni verbali a sfondo sessuale si passa ai toccamenti a sfondo sessuale si realizza il delitto di abuso sessuale consumato o tentato a seconda della natura del toccamento e delle circostanze del caso. Inoltre, se successivamente alla commissione dei suddetti reati, il reo cercasse di dipingere la vittima come una donna di facili costumi risponderà anche del reato di diffamazione di cui all’art. 595 cp.

Quali sono gli strumenti a disposizione del datore di lavoro per tutelare una propria dipendente che ha subito molestie da parte di un collega?
«E’ bene precisare che Il datore di lavoro è responsabile degli atti illeciti posti in essere dai propri dipendenti in applicazione del combinato disposto degli art 2049-2087 cc. Si tratta di una fattispecie della cd responsabilità oggettiva e pertanto il datore di lavoro non può invocare la mancanza di conoscenza della condotta del proprio dipendente, ma potrà rivalersi nei suoi confronti chiedendo la restituzione di quanto pagato alle vittime e potrà agire autonomamente per chiedere al dipendente infedele il pagamento del risarcimento per il danno all’immagine aziendale subito. Per quanto riguarda la reazione da adottare in caso di individuazione di fatti di detta gravità, il consiglio che mi sento di dare è quello di allontanare senza remore il soggetto autore delle molestie, dopo naturalmente aver appurato la fondatezza delle accuse e di fornire gratuitamente un supporto specialistico psicologico alle vittime degli abusi».