Nel Varesotto “Gangster city” non c’è più, però…

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Afferma il questore di Varese, Michele Morelli, nel suo discorso alla festa della Polizia: “In provincia di Varese, i dati relativi all’ordine pubblico sono confortanti”. Chi meglio di lui può saperlo? Tutto sommato, il territorio varesino offre una qualità della vita che, rispetto ad altre zone del Paese, è quasi da Svizzera. Diciamo quasi, perché passato il Gaggiolo si respira un’altra aria, dove la percezione della sicurezza pare meno pressante che qui da noi. Sarà per la minore densità della popolazione, per una conurbazione ancora accettabile, per quel senso del rispetto della cosa pubblica e altrui assai diffuso, per la mano pesante della gendarmeria che non ne lascia passare una, sarà per quel che sarà, ma la Svizzera è pur sempre la Svizzera. E non si dica che si tratta di un luogo comune, visto che anche da loro i problemi di sicurezza cominciano a prendere piede, nonostante la si possa pensare diversamente.

Resta il fatto che nelle nostre lande si registra una situazione di maggior disagio. Se è vero che i dati sono confortanti, come giustamente sostiene il questore, la tranquillità collettiva rimane ancora lontana. Circoscritto il malaffare vero, quello della ‘ndrangheta per essere chiari, ad alcune specifiche località del Basso Varesotto, è imperante la malavita di piccolo cabotaggio, che non dà tregua nonostante l’impegno riconosciuto delle forze dell’ordine per arginarlo. I furti nelle abitazioni sono purtroppo all’ordine del giorno, tanto che non fanno nemmeno più notizia. Le truffe rappresentano una piaga in veloce e preoccupante sviluppo. Per non parlare dello spaccio di droga e dei boschi “occupati” dai pusher e dai loro tanti clienti. I vandalismi, da declinare con la maleducazione e soprattutto con la recrudescenza della violenza e dell’aggressività, sono una cifra che trova spazio dappertutto: non esiste città o piccolo centro che ne sia immune. Un guaio generalizzato a cui non si riesce a fare fronte in nessun modo, a meno di blindare strade e piazze.

A questo punto entra in gioco l’esiguità degli organici: Michele Morelli non l’ha detto nel suo intervento alla cerimonia per il 172esimo anniversario della Polizia di Stato, ma è risaputo che le divise in attività sono sottodimensionate rispetto al reale fabbisogno. Esempio: come si può monitorare una città come Busto Arsizio con una sola pattuglia in servizio nelle ore notturne? Impossibile. Anche se concorrono ai controlli carabinieri e polizia locale, ci sarebbe bisogno di ben altro, di una presenza continuativa nei luoghi sensibili, a Busto come altrove. Il discorso si fa complicato, chiama in causa le istituzioni ai più alti livelli e, una volta di più, la politica, che parla, promette, sprona ma anch’essa fa quello che può, o che vuole, a seconda delle circostanze e delle opportunità.

Detto questo, nessuno oggi ci chiama più “Gangster city”, come titolò una volta un noto settimanale alla luce di una serie di efferati delitti nell’area di Malpensa; ecco, non siamo più quella cosa là, forse il Varesotto non lo è mai stato: per definizione i giornalisti esagerano, però, c’è sempre un però da considerare. Questo: non siamo né a Caivano né a Locri, per carità, ma guai se si abbassasse la guardia, al cospetto delle condizioni della società che, comunque si giudichino, sono tutt’altro che rasserenanti. Anche nella “tranquilla” provincia di Varese.

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