Non era forse meglio incominciare a vaccinare la popolazione attiva?

Se è vero, come è vero, che il contagio da coronavirus avviene attraverso le goccioline (droplets) che emaniamo quando parliamo, gridiamo, corriamo, cantiamo, oppure se tocchiamo una superficie contaminata e subito dopo ci portiamo le mani nelle mucose, mi chiedo: Perché bisogna iniziare a vaccinare per primi gli anziani?

Il mio ragionamento mi pare semplice, ma forse qualche scienziato può darmi una spiegazione scientifica che non comprendo. In questi giorni di restrizioni, zone rosse, arancioni e gialle, con limitazioni restringenti delle mobilità e dei rapporti interpersonali, tutti, eccezion fatta per chi lavora o va a scuola, dovrebbero limitarsi a movimenti minimi e indispensabili, come quelli di andare al supermercato o in farmacia. Comportamento da attuare soprattutto dalle persone anziane, perché più vulnerabili.

Seguendo il ragionamento, questi ultimi, in teoria, non dovrebbero avere rapporti con conoscenti, vicini, amici o incontri occasionali. Allora mi chiedo, se l’atteggiamento da attuare è questo, da chi potrebbero essere maggiormente contagiati se non dai propri familiari (figli, nipoti, nuore, generi)? Allora, non sarebbe più opportuno iniziare a vaccinare, oltre a tutti i cittadini portatori di patologie gravi, la popolazione attiva (lavoratori, giovani, studenti) in modo tale da preservare gli anziani in caso di contatto familiare?

A fronte di questa decisione, bisognerebbe iniziare una forte campagna pubblicitaria per spiegarne le motivazioni e contemporaneamente inviare un messaggio forte, diretto a tutti gli anziani, di limitare incontri occasionali e di recarsi al supermercato o in farmacia il minimo indispensabile. Attuando questo meccanismo si accelererebbe l’obiettivo di immunità di gregge e si faciliterebbe il riavvicinarsi tra i parenti e quindi si riallaccerebbero gli affetti più cari, iniziando a riavere quei contatti veri che notoriamente aiutano l’animo di ogni essere umano, ancor più quello degli anziani.

Unitamente a questa decisione, bisognerebbe limitare, un po’ come si faceva durante il primo lockdown, l’accesso ai supermercati a nuclei familiari, nel senso che, a fare la spesa può andare soltanto un componente familiare alla volta, in questo modo si eviterebbero gli incredibili assembramenti (impuniti) che si vedono quotidianamente nei supermercati che sempre più diventano luoghi individuati per attuare momenti di svago per i cittadini che non ne possono più di stare a casa.

Un’ulteriore riflessione voglio farla per quelle attività commerciali dove potrebbe essere possibile organizzare all’interno dei propri locali aree sicure e ben distanziate le une dalle altre e dove potrebbe essere possibile effettuare una prenotazione, come ad esempio, ristoranti, cinema, teatri, musei, estetiste.
Nei ristoranti, ad esempio, basterebbe ridurre del 50% (o meno se l’ampiezza del locale lo permette) i posti a sedere, creare dei tavoli dove ci si può sedere massimo in 5/6 per nucleo familiare e altri tavoli da massimo due posti. Separali tra loro con paratie mobili di plexiglass e obbligare le persone a prenotare telefonicamente o attraverso delle app e presentarsi non prima di 15 minuti dall’orario di prenotazione. Sarà cura del proprietario predisporre un attento controllo esterno per evitare assembramenti durante l’attesa prima dell’ingresso. Stessa meccanismo di riduzione di posti e obbligo di prenotazione, potrebbe attuarsi con le altre attività. Un meccanismo che avviene già, ad esempio, negli ospedali. Un paziente prenota la propria prestazione (anche non urgente) si reca presso la struttura il giorno e nell’ora stabilita, all’ingresso viene misurata la temperatura, nei cup si attende il proprio turno per pagare il ticket (in realtà questo ulteriore passaggio potrebbe essere evitato pagando online ed evitando delle code, che qui, ahimè, qualche volta si creano), ci si reca nel reparto dove verrà eseguito l’esame e anche qui ogni paziente si accomoderà in sala d’attesa dove sono stati predisposte sedie con il giusto distanziamento. Il personale sanitario ha l’obbligo di vigilare.

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di salute, io controbatto, visto che sono un tecnico sanitario di radiologia medica, dicendo che ormai negli ospedali sono tornate tutte quelle richieste non urgenti, sicuramente rimandabili, come artrosi, o piccoli e irrilevanti traumi (nei pronto soccorsi) che nel primo lockdown erano completamente spariti.

Per non rischiare di rialzare i contagi, resta inteso che se qualcuno non dovesse o non rispetta volutamente le regole, le sanzioni dovrebbero essere esemplari in modo tale da responsabilizzare e disincentivare i malintenzionati verso atteggiamenti e/o comportamenti irresponsabili che metterebbero a rischio la salute di tutti gli altri. In tutte queste fasi un ruolo importante rivestono le forze dell’ordine, in maggior modo la polizia locale che devono intensificare, in maniera costante e quotidiana i controlli. Non si capisce perché si possa stare ammassati sulle metropolitane, nei supermercati, nei centri commerciali (regioni con zona gialla) e non si possa riuscire ad organizzare, in tutta sicurezza, quanto sopra ho espresso.

Un ultimo appunto vorrei farlo sui fumatori. L’Istituto Superiore di Sanità e i vari organi sanitari, più volte ci ricordano, giustamente, che le goccioline che espelliamo respirando o parlando sono la causa principale di possibile contagio, ma purtroppo, contemporaneamente, le stesse istituzioni lasciano la libertà di fumare con il risultato che camminando per strada, o attraversando una strada, passando in un angolo di marciapiede e così via, possiamo incrociare un libero fumatore che espelle il fumo e quindi anche goccioline, in assoluta libertà e semplicità, questo non è tollerabile.

Sempre nell’ottica del poter riprendere lentamente e in tutta sicurezza una vita sempre più normale, mi chiedo se tutti coloro che hanno già ricevuto la seconda dose di vaccino e se le autorità scientifiche confermino che non sono possibili vettori di virus, non possano iniziare a circolare liberamente, a prescindere dal colore di appartenenza della loro Regione, fermo restando il mantenimento del distanziamento e della mascherina.

Una serie di riflessioni che vengono a distanza di un anno dall’inizio della pandemia e che pur rimanendo molto cauto rispetto alla ripresa, credo possano essere messe in atto, basterebbe investire soldi per contribuire alle spese alle quali andranno incontro i gestori per dotarsi delle varie

attrezzature per garantire la messa in sicurezza, nonché per permettere l’assunzione di personale delle forze dell’ordine che controllino (sono alla base di tutto) di più per dare la possibilità all’economia di ripartire lentamente, con molta precauzione ma in sicurezza, perché se si vuole si può fare!

Red cloud
(professionista sanitario)

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