Parla Campisi: «L’addio ai Legnanesi? Il mio Giovanni da bianco e nero è diventato a colori»

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LEGNANO – Questa sera comincerà, come da tradizione da Cassano Magnago, la nuova tournée dei Legnanesi con lo show inedito “Non ci resta che ridere”. Per la prima volta dopo decenni, sul palco, a fianco della Teresa e della Mabilia, non ci sarà più Luigi Campisi nei panni del Giovanni. Ne parliamo con il diretto interessato, che ringraziamo per la disponibilità nel raccontarsi a cuore aperto ai lettori di Malpensa24: fino ad oggi, ammette, «non ho risposto a nessuno, anche a costo di fare la figura del maleducato».

Campisi, se lo chiedono tutti: perché è finita la sua esperienza con i Legnanesi?

«Ho chiuso quella parentesi e non me la sento di dare spiegazioni, anche per rispetto dei miei quaranta colleghi. Voglio chiudere in bellezza, il che non toglie che sia amareggiato».

Lei ha detto che “questi Legnanesi non sono più i miei Legnanesi”.

legnanesi campisi intervista addio«Lo confermo. Hanno intrapreso un percorso diverso, che io non contesto. Ormai si parla tanto di rinnovamento e io invece penso che i Legnanesi siano tradizione, non innovazione. Parlo per esperienza, io ho iniziato con loro nel ’71, e da bustocco. Per rendere grande una compagnia di Legnano, pensavo sempre, serviva un bustocco, ma guai a dirlo!».

Quali sono oggi i suoi rapporti con Provasio?

«Con Antonio siamo stati amici per 35 anni ed è ovvio che sul palco sia nata una certa confidenza. Il mio Giovanni da bianco e nero è diventato a colori, l’ho interpretato in una forma molto diversa. Per me i Legnanesi sono una forma della cultura lombarda legata veramente alla tradizione, ai cortili, alle donne e a tutte le menate che succedevano nei cortili. Questi non sono più i Legnanesi, non mi riconosco più».

Il suo è un addio alle scene o solo alla compagnia?

«È proprio un addio al palco. Quello che dovevo dare l’ho dato».

Un’amica comune ha detto che lei era “il solo che riusciva a far ridere anche senza parlare”: come c’è riuscito?

«Per me i Legnanesi sono stati una scuola, ho imparato a gestire il silenzio con Musazzi. Credo che sia la cosa più difficile da fare a teatro. A me viene naturale, ma è una cosa che non tutti hanno».

Adesso che cosa farà?

«Mi godo la vita. Mi sto attrezzando per fare quello che non sono mai riuscito a fare. La settimana prossima c’è una cena? Certo, sono libero. Mi sento più libero, il teatro costava molto, anche se era un impegno gratificante».

Rimpianti?

«Assolutamente no. Ci stavo pensando da un paio d’anni, da quando non era più un piacere ma un lavoro. Me ne vado sereno, altro che rimpianti».

Che cosa direbbe a Lorenzo Cordara, che ha preso il suo posto nella compagnia?

«Lo conosco, è un amico e so che far dimenticare un personaggio che per 40 anni ha avuto quel ruolo non sarà facile. Io me lo sono impostato a mio modo, lui dovrà impostarlo a modo suo. Gli faccio un in bocca al lupo».

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