I coristi della “Fenice” con la mascherina: triste metafora

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, mentre faccio mio l’auspicio ben espresso dal direttore Coronetti per questo 2021, forse il grigio delle nuvole che occupano l’azzurro del cielo, forse il freddo della neve appena caduta che intorpidisce i pensieri in libertà (almeno quelli), forse le ombre che avvolgono lo sguardo nel quadrilatero dove abito, forse l’imbarazzante silenzio del Presidente Mattarella sulla gestione dell’emergenza, sono disturbato da qualche disinvolta notizia che i media ci impongono con una solerzia implacabile, notizia che vorrei sottolineare da cittadino attento (almeno quello).

Recentemente vi ho fatto parte di una personale considerazione sul fatto che questo paese così malandato dalla feroce pandemia potrebbe ricevere un aiuto piuttosto importante dalla cultura comunque espressa, dai libri e dalla musica. Ordunque l’eccezionale immagine riportata da numerosi giornali circa la “prima” al teatro La Fenice di Venezia, fortemente metaforica, con il coro tutto imbavagliato con la mascherina nera in “nuance” con l’abito austero delle grandi occasioni, ha trasformato la gioia dell’ascolto in una profonda tristezza.

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Ivanoe Pellerin

Non dubito che questo abbia risposto alle norme imposte dal governo, come ha ben dichiarato il sovrintendente e direttore artistico Fortunato Ortombrina, ma l’impressione evocata dall’immagine di un’Italia tutta imbavagliata (o quasi) mi ha evocato tristi ricordi intorno alla storia del nostro paese. Melodie eccezionali ma, per entrare nel merito, ricordo che chi canta in un coro ha bisogno di sentire l’altro, quindi deve posizionarsi ad una distanza compatibile con questa necessità. Inoltre la voce deve “correre” (gergale) e la mascherina di fatto ne impedisce, almeno in parte, la proiezione. La difficoltà di rendere la musica straordinaria aumenta notevolmente. L’allegoria anche.

Il coro rappresenta di fatto un enorme lavoro di gruppo e questo è fortemente simbolico per tutti noi privilegiati che ascoltiamo una musica eccezionale, che ci ricorda quanto sia importante unirsi insieme con un ottimo fine comune. L’allusione è evidente. Ovviamente non dubito che il direttore del coro Claudio Marino Moretti oltre a quello artistico siano stati ben competenti su questo argomento, ma osservo che altri, come per esempio Riccardo Muti alla guida della Wiener Philarmoniker di Vienna nello stesso giorno e con gli stessi problemi, hanno preso decisioni diverse.

Il Gran Teatro La Fenice, uno dei teatri lirici più prestigiosi nel mondo, inaugurato il 16 maggio 1762, dove poi vennero rappresentate le prime delle più importanti opere del melodramma italiano, veniva descritto dalle cronache dell’epoca come un insieme di “… armonia, solidità, e leggerezza cose difficili da combinarsi in questo lavoro …”. La storia di questo teatro fu comunque complicata dagli avvenimenti storici e, dopo il terribile incendio del 24 gennaio 1996 circoscritto grazie alla nobile opera dei vigili del fuoco, fu ricostruito “com’era e dov’era” e tornò finalmente alla musica il 14 dicembre 2003. La prestigiosa serata alla presenza del Presidente Carlo Azeglio Ciampi, in diretta televisiva, con la direzione del Maestro Riccardo Muti aprì a Venezia una settimana inaugurale colma di avvenimenti artistici. Credo sia sempre utile ricordare i nostri riferimenti culturali che contribuiscono a far nobile la nostra nazione.

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