Per favore ridateci una Provincia

di GIANFRANCO BOTTINI

Gianfranco Bottini

di Gianfranco Bottini
(già vicepresidente della Provincia di Varese e fondatore di Esperienza civica)

Il risultato delle recenti elezioni regionali del Molise ha dimostrato quanto le liste locali, strettamente legate al proprio territorio, siano state determinanti  nella vittoria del centro-destra , surclassando nel loro insieme i vari partiti nazionali  che, in costante remissione, hanno quasi tutti  raggiunto  striminzite   percentuali  ad  una cifra.

L’interpretazione della cosa  è semplice: gli elettori  incalzano i partiti chiedendo  che la politica, intesa come amministrazione della “ vita pubblica”, sia sempre più vicina al proprio territorio.

“Vita pubblica” sono le  grandi problematiche  che hanno  necessità di una gestione planetaria  (si pensi al  fenomeno dell’ immigrazione che ha comunque  ricadute capillari fi’anche sul più piccolo comune della  nostra provincia); ma “vita pubblica”  è anche  l’esigenza di un piccolo paese di  montagna di avere un  modesto ufficio postale , esigenza che fatica a trovare ascolto al di fuori della propria valle. E “vita pubblica” sono le rilevanti problematiche di Malpensa; ma “vita pubblica” sono  anche le meno  appariscenti difficoltà di collegamento fra i paesi  del Luinese.

Nei  numerosi  Comuni della nostra Provincia si evidenziano e si affrontano quotidianamente le variegate necessità dei cittadini (lì si fa “politica civica”); là in alto, dove sta la cassa, si fa invece la politica dei grandi  numeri  (se si vuole, si fa la “politica dei partiti”) .

Nulla da obiettare: in ogni sede la propria politica ed  ambedue assolutamente necessarie , ma se esse non  si incontrano formando  un anello di congiunzione che consenta al “cassiere” di conoscere e valutare  correttamente la consistenza e la priorità dei bisogni sparsi sul territorio,  allora non si fa che alimentare  botteghe, clientele e insensati interventi “a naso”. I  Padri Costituenti, nel loro disegno , questa cosa la capirono perfettamente  e l’anello di congiunzione lo chiamarono “Provincia”; i loro “figli”, travolti da un’ondata di populismo e  all’affannosa ricerca di un boccone da lanciare al popolo incazzato che voleva azzannare i loro sprechi e i loro vitalizi, decisero un giorno che le Province non servivano. Il seguito è noto: pare che sull’argomento si sia scherzato, ma nessuno osa dirlo  perché nessuno si vuol  prendere la responsabilità di farlo (siamo in costante campagna elettorale!) e intanto i bisogni restano, le  prospettive mancano, le risorse pure. Ecco cosa ha voluto evidenziare il Molise (una regione di appena 300.000 abitanti);  figuriamoci se il  problema non esiste nella nostra Regione che ha l’importanza e le dimensioni di uno Stato europeo, o nella  nostra  stessa provincia  con i suoi 150 comuni  e i suoi 900.000 abitanti (tre volte il Molise). “Ridateci una Provincia” (se vi vergognate chiamatela pure in un altro modo) e consentite alla “politica  civica” di fare finalmente  la propria parte.

Problema: a chi rivolgere questa preghiera? Al Governo; non scherziamo. Quando ne avremo finalmente uno avrà ben altro a cui pensare. Ai Partiti:  figuriamoci; impegnati come sono a difendersi per la sopravvivenza e, consci  della realtà, a camuffarsi come interpreti loro stessi del “pensiero civico”. Alla Regione: forse; soprattutto la nostra che con il nuovo assetto e la nuova leadership potrebbe avere la necessaria sensibilità  per comprendere fino in fondo le esigenze del  territorio.

Quello che è certo è che dovranno essere ancora i Sindaci, con le loro Amministrazioni, a dover continuare a mettere faccia, fatica e sacrificio e, ce lo auguriamo, anche  voglia di essere protagonisti in prima persona nella prossima competizione elettorale che darà il nuovo assetto alla nostra Provincia , ridotta, suo malgrado, ad un  simulacro istituzionale comunque importante e insostituibile C’è solo da augurarsi che i partiti, compreso il messaggio che viene dagli elettori,  accettino con la dovuta  modestia di non considerare l’occasione unicamente come una delle solite opportunità  di risolvere la loro fame di occupazione di potere. Il contrario dimostrerebbe una miopia imperdonabile che gli elettori non perdonerebbero.