Riaprono mercati e musei, chiusi palestre e cinema: altri 7 giorni blindati per il virus

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MILANO – Confermato lo stop alle lezioni scolastiche, alle manifestazioni pubbliche e alle funzioni religiose, così come la chiusura di cinema, teatri, palestre e piscine. Riaprono i mercati nel fine settimana e i musei, ma con ingressi contingentati, mentre per i bar e pub rimane in vigore la regola del servizio al tavolo e si aggiunge quella della distanza di un metro tra un cliente e l’altro. Qualche piccolo passo verso il ritorno alla normalità, nel decreto che conferma per altri sette giorni la Lombardia blindata per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Che nel frattempo non accenna a frenare: i contagiati sono quasi mille (984) e i decessi 31, a dieci giorni dal “paziente uno”.

«Ripartenza? Prima superiamo l’emergenza sanitaria»

«Vogliamo la ripartenza, ma non possiamo dimenticare la necessità di prestare attenzione alle questioni sanitarie – le parole del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, comparso solo in video anche oggi, domenica 1 marzo, nel corso della conferenza stampa di aggiornamento sull’emergenza – inutile nasconderci dietro un dito: se non riusciamo a superare questa situazione sanitaria, è più difficile parlare di ripartenza». Rispetto al decreto della presidenza del consiglio dei ministri con le misure e restrizioni per la Lombardia fino all’8 marzo, è stato il suo vice, il numero due di Palazzo Lombardia Fabrizio Sala, a dare alcune «anticipazioni, perché i lombardi domani mattina devono sapere cosa fare», in attesa della firma del premier Giuseppe Conte, dopo che nel corso della giornata il testo era stato concordato tra il governo e le regioni interessate. Ci sono alcune novità rispetto all’ordinanza di domenica 23 febbraio.

Misure e restrizioni: le novità

Confermate le decisioni sulle scuole di ogni ordine e grado: lezioni sospese per tutta la settimana, ma plessi aperti per le operazioni di sanificazione e per consentire l’attivazione dell’attività di e-learning. Rimane lo stop anche per le manifestazioni pubbliche e per le funzioni religiose, ma i luoghi di culto potranno riaprire per ospitare i fedeli. Anche cinema, teatri, palestre, piscine, centri sportivi e centri benessere rimarranno chiusi fino a domenica 8 marzo. Novità invece per i musei, che riapriranno con gli ingressi contingentati e con il criterio del “droplet”, ovvero la prescrizione di mantenere una distanza minima di un metro tra i visitatori. Potranno rimanere aperti i mercati e i centri commerciali, anche nel fine settimana: le restrizioni rispetto ai banchi non alimentari e ai negozi all’interno delle strutture di grande distribuzione rimangono in vigore solamente nelle sole province di Lodi, Cremona, Bergamo e Piacenza, che oggi sono quelle più colpite dai contagi. Per bar e ristoranti viene meglio specificata la norma che era stata chiarita dopo l’intervento del Comune di Busto Arsizio: potranno stare aperti con servizio al tavolo, ma anche qui con il criterio della distanza di un metro tra un cliente e l’altro. Riapertura contingentata anche per gli impianti sciistici, con capienza ridotta di un terzo.

Il bollettino del virus

Si tratta di «restrizioni» come ha spiegato il vicepresidente Sala, condivise a livello nazionale e con il comitato scientifico, sulla base dell’«impostazione di un equilibrio che secondo le istituzioni è necessario per il rallentamento del virus». Sì, perché i numeri snocciolati dall’assessore al welfare Giulio Gallera mostrano come il contagio non stia frenando, anzi. I casi positivi in Lombardia, a 10 giorni dalla scoperta del “paziente uno”, salgono a «984. Di questi, 406 sono ricoverati in ospedale e 106 in terapia intensiva, mentre 375 sono positivi asintomatici. Le persone dimesse dall’ospedale e trasferite al loro domicilio, ma non ancora “negativizzate”, sono 73». Il numero dei decessi infine è salito a 31. L’assessore ha confermato anche l’intenzione di procedere con nuove assunzioni, anche di medici in pensione: «Assumeremo chiunque, abbiamo bisogno di personale. C’è un tema di medici qualificati, perché per lavorare in terapia intensiva ci vuole competenza. Benissimo gli specializzandi, benissimo i medici in quiescenza, questo non è il momento delle polemiche, ma che ognuno si tiri su le maniche».

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