Riusciremo a cambiare la politica? Intanto, attenti a chi si vota

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Il Meeting di Rimini (20-25 agosto) propone quest’anno una tematica di grande attualità, che dovrebbe aiutare tutti, ma particolarmente noi Italiani, a rinnovare profondamente la nostra vita personale e sociale. La nostra storia – ci piaccia o no – è segnata profondamente dalla presenza bimillenaria della Chiesa Cattolica, che è fatta da uomini deboli e fragili, capaci di grandi errori e di peccati (non certo, comunque, più gravi di quelli di chi non segue la Chiesa), ma che hanno intuito la profonda verità che è espressa in modo efficace e sintetico nel titolo del Meeting: “Una passione per l’uomo”. Il titolo è tratto da un’affermazione di don Luigi Giussani, che prese spunto anche da un autore a lui molto caro, il socialista Charles Péguy, che, riflettendo sulla figura storica di Gesù aveva scritto in Veronique: “Gesù venne. Non perse i suoi anni a gemere ed interpellare la cattiveria dei tempi. Egli taglia corto. In un modo molto semplice. Facendo il Cristianesimo. Egli non si mise a incriminare, ad accusare qualcuno. Egli salvò”.

Già! “Egli salvò!”, ma come? Egli salvò dicendo e testimoniando la Verità: che “il Figlio dell’uomo” è anzitutto “Figlio di Dio” e lo fece per “una passione per l’uomo”; la stessa passione che la Chiesa dimostra continuamente, pur in mezzo ai tanti errori dei suoi figli.

In questi giorni la classe politica sta tremando, perché cerca di “rinnovarsi-perpetuandosi”: nuove persone entreranno in Parlamento, ma nessuno vorrebbe uscirne anche se la riduzione del numero costringerà molti a perdere il posto (ma nessuno farà la fame, statene certi!); mi vengono alla memoria le parole splendide che disse Pio XII nel Radiomessaggio del 24 dicembre 1944.

Il documento è abbastanza breve e affronta il problema della democrazia. La guerra in corso è durissima, ma sta volgendo al termine: la sconfitta dell’Asse Roma-Berlino-Tokio si va delineando con chiarezza; gli uomini di governo ed i rappresentanti degli Stati già iniziano ad incontrarsi in conferenze e colloqui per tracciare le linee della pace futura. Pio XII utilizza il consueto messaggio natalizio per proporre una sorta di grande manifesto in cui proclama la concezione cristiana della società ed il modo più opportuno per governarla nel rispetto della libertà e della pace.

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Luigi Patrini

Contro ogni nuovo assolutismo di Stato, classe, nazione, razza o partito, il Papa esalta la dignità della persona nella sua dimensione individuale e comunitaria. Il testo è di impressionante attualità e stimolante, perché coglie la crescente consapevolezza che un maggior controllo dei pubblici poteri da parte dei popoli avrebbe potuto evitare la guerra in corso e che, perciò, si fa più viva nelle coscienze l’esigenza di efficaci garanzie: “i popoli si sono come risvegliati da un lungo torpore ed hanno preso di fronte allo Stato, di fronte ai governanti, un contegno nuovo, interrogativo, critico, diffidente”: è quanto anche oggi comincia finalmente a essere compreso dai cittadini.

Pio XII riconosce al cittadino democratico “due fondamentali diritti: esprimere il proprio parere sui sacrifici imposti dall’autorità e non essere costretto ad obbedire senza essere stato ascoltato”.

“Più democrazia” significa esaltare la possibilità che ogni cittadino possa avere una propria opinione personale, esprimerla e farla valere in una maniera consona al bene comune. Da tale considerazione deriva la necessità di distinguere il popolo dalla massa: lo Stato non unisce meccanicamente una “massa” amorfa di individui, ma deve costituirsi come “unità organica e organizzatrice di un vero popolo”. Il “popolo” si muove di vita propria, mentre la “massa” è inerte e non può essere mossa che dal di fuori; il “popolo” vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ognuno portatore delle proprie responsabilità e convinzioni; la “massa”, invece, aspetta l’impulso passivamente ed è “facile trastullo” per chiunque voglia sfruttarne gli istinti; dall’esuberanza di vita di un vero popolo scaturiscono per i singoli responsabilità e vero senso del bene comune; la massa, invece, può diventare facile strumento manipolabile da mani ambiziose: se è lo Stato ad impossessarsene, esso può imporre il suo arbitrio alla parte migliore del vero popolo. Lo stesso accade se a manipolare la massa è la stessa classe politica dominante.

Da qui una conclusione realistica: “la massa è la nemica capitale della vera democrazia e del suo ideale di libertà e di uguaglianza”. Credo che quello che oggi chiamiamo “populismo” non sia altro che una forma di “manipolazione massificante”. Il cittadino di una democrazia vera è caratterizzato dalla consapevolezza della responsabilità personale, che accompagna la consapevolezza dei propri diritti e dei propri doveri ed il rispetto profondo della propria e della altrui libertà.

Detto ciò, il Papa sottolinea l’importanza di una scelta oculata dei parlamentari, perché: “La questione della elevatezza morale, della idoneità pratica, della capacità intellettuale dei deputati al parlamento è per ogni popolo in regime democratico una questione di vita o di morte, di prosperità o di decadenza, di risanamento o di perpetuo malessere”.

Stiamo attenti a chi votiamo! Non facciamoci irretire da giovanotti brillanti e da affascinanti giovanotte che non hanno una professionalità e una storia di “impegno” concreto nella vita sociale e politica. Informiamoci su come vivono e su cosa sanno fare più che di quanto sono capaci di dire nei loro brillanti spot: non voglio generalizzare, ma spesso si ha l’impressione di vedere gente che cerca di essere eletta per non mettersi nelle liste dell’Ufficio di collocamento.

Occorrerebbe ripristinare il meccanismo del “cursus honorum” usato nell’antica Respublica Romana: chi mette in lista persone amiche, professionisti al proprio servizio o amichette varie ha le sue gravi responsabilità, ma anche chi li vota senza sapere nulla di loro non è senza colpa! Stiamo attenti: persone per bene ce ne sono a destra, a sinistra e al centro: guardiamoli, misuriamo come si stanno comportando. Vale anche per i politici il “Non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno” che Gesù dice riferendosi all’ipocrisia dei farisei.

Il Papa indica in concreto le doti culturali e morali che devono essere possedute dai rappresentanti del popolo. Il popolo guarda ai politici: se essi sono onesti, il popolo non sarà automaticamente onesto, ma se sono disonesti è quasi automatico che la disonestà dilaghi anche nel popolo. Perciò occorrono persone “di dottrina chiara e sana, di propositi saldi e rettilinei, (…) soprattutto capaci, in virtù dell’autorità che emana dalla loro pura coscienza e largamente s’irradia intorno ad essi, di essere guide e capi” capaci di adempiere i loro obblighi di ordine legislativo, giudiziario o esecutivo, con quella coscienza della propria responsabilità, con l’oggettività, l’imparzialità, la generosità, l’incorruttibilità, senza le quali un governo democratico difficilmente riuscirebbe ad ottenere il rispetto, la fiducia e l’adesione della parte migliore del popolo”.

Parole attualissime anche oggi, come si capisce.

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