Sanità, la politica degli uomini piccoli piccoli

sanità uomini piccoli

Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere davanti a una politica che non riesce a liberarsi della sindrome del “più bravo sono io”. E per affermare la propria superiorità e intestarsi meriti perde di vista i veri obiettivi e si lancia in contumelie e malevoli supposizioni sugli avversari. E’ quanto sta accadendo per la gestione degli ospedali di Busto Arsizio e Gallarate, penalizzati dalla mancanza di personale medico e paramedico, in fuga verso lidi professionali più accoglienti; ospedali in rapida fase calante per quanto riguarda efficienza e funzionalità, fino alla chiusura di diversi reparti del gallaratese Sant’Antonio Abate.

Situazione drammatica, se la volessimo mettere sul piano delle prestazioni, che vengono a mancare da una parte (Gallarate) per riversarsi fino alla saturazione da un’altra (Busto Arsizio). Il rischio è che il nosocomio bustocco non riesca a fare fronte a tutte le richieste di assistenza e cura e finisca per implodere. Un paradosso? Certo, di questo si tratta. Uno di quei controsensi alimentati anche dalla politica politicante, incapace di mettere da parte le primogeniture e le liti di bottega per gettarsi compatta sul problema. C’è stato, è vero, il tentativo di “fare squadra” per provare ad affrontare con una sola voce la questione ospedaliera, ma le reciproche diffidenze, le appartenenze e le bandiere, i rancori personali e i campanilismi hanno sinora impedito di unire gli sforzi e coinvolgere in modo concreto la Regione, la quale ha competenza istituzionale e operativa in materia. Ma chiama in causa anche il Parlamento, concentrato su mille altre faccende, poco o nulla sulla sanità e suoi suoi cronici, complessivi guai.

 A livello locale il problema, come noto, è duplice: riguarda 1) l’iter burocratico per l’ipotizzato ospedale unico, che pare langua nei meandri di Palazzo Lombardia ma non solo, e 2) le garanzie delle prestazioni nella decina d’anni che occorrerà per mettere in funzione il nuovo nosocomio. Non proprio problemini di scarso contenuto. Tra l’altro, comuni alla due città interessate, Busto e Gallarate, e all’intero bacino territoriale che per la sanità si riferisce ad esse. Ebbene, la colpa è sempre di qualcun altro, mai sentito un partito o un politico assumersi proprie responsabilità: se il Pd alza la voce, Fratelli d’Italia dice che strumentalizza; se Fratelli d’Italia si chiama fuori dalle iniziative per sensibilizzare la Regione, il Pd lancia l’accusa di inadempienze; se la Lega sembra girare al largo dalle polemiche c’è chi pone l’accento sui condizionamenti che subisce dai piani alti regionali; se un consigliere regionale sottolinea l’esigenza di unire gli sforzi c’è subito un sindaco che gli riserva livore; se a Gallarate arriva in visita l’assessore Bertolaso, a Busto Arsizio si sentono esclusi; se e se, insomma è una litania di malcontento, polemiche e arroganze che non porta da nessuna parte. E lascia indifferente la Regione. Che si muove come può, dentro una programmazione nazionale sbagliata sulla formazione e sulle assunzioni del personale, peraltro sottopagato e poco considerato nonostante gli sforzi che mette in campo per mandare avanti gli attuali ospedali. Così fioccano le dimissioni. E i disservizi si moltiplicano.

E la politica cosa fa? Scontato scomodare le abusate metafore del Titanic che affonda mentre l’orchestrina suona, o quella dei polli di Renzo che si beccano l’un l’altro mentre stanno per finire in padella. Ma i nostri politici, epigoni dei loro capataz in sede romana, non se ne avvedono. E s’azzuffano. Franco Battiato cantava sconsolato: “Si credono potenti e gli va bene quello che fanno. E tutto gli appartiene”. Grandi uomini? C’è chi se ne fa vanto. Ma forse sono soltanto uomini piccoli piccoli. Inutile stupirsi se poi la gente diserta le urne.

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