Scuola Svizzera la prima a ripartire sul territorio dopo il virus: ecco com’è andata

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CADORAGO – È stata la prima scuola a riprendere le lezioni regolari nel nostro territorio. Protocolli di sicurezza inapplicabili? Bambini e ragazzi disorientati o, peggio, spaventati? Cattedre vuote? Nulla di tutto questo. Le regole si applicano e si rispettano, l’atmosfera è quella di prima dell’emergenza sanitaria, serena e laboriosa. Un messaggio di fiducia per tutte le scuole che attendono con il fiato sospeso la data del 14, quando riapriranno dopo ben 7 mesi. E, soprattutto, dopo il coronavirus. Per vedere che cosa le attende alla prima campanella dell’anno scolastico, siamo andati a Cadorago nella (centenaria) Scuola Svizzera, che riprende la didattica del Cantone Ticino per le elementari e dei Grigioni per le medie e il liceo, ma per quello che concerne le disposizioni sanitarie risponde alla legge italiana. L’istituto, che annovera anche la scuola dell’infanzia, ha riaperto i battenti il primo di questo mese, come ogni anno. Come se nulla fosse accaduto.

Il neopresidente Venturi: «Protocolli impegnativi, ma rispettati»

scuola svizzera milano cadorago protocolli«Per noi – spiega a Malpensa24 Oliviero Venturi (nella foto a fianco), da un mese presidente della Scuola Svizzera di Milano a cui fa capo il campus di Cadorago – era importante mantenere l’abitudine del nostro calendario. I protocolli di sicurezza sono abbastanza impegnativi. L’obiettivo ultimo è evitare scambi tra una classe e l’altra. Per questo sono stati stabiliti turni, un’entrata diversa dall’uscita, percorsi obbligatori tracciati per terra, la divisione in settori (uno per classe) del piazzale a Milano e del giardino a Cadorago, permessi per andare in bagno durante le lezioni anziché durante la ricreazione. Tutto per evitare contatti ravvicinati. I tavoli della mensa sono stati ridotti da 8 a 3 persone o sostituiti da tavoli singoli, al posto dei piatti ci sono monoporzioni, con i più grandi che mangiano in classe. In più, abbiamo aggiunto prescrizioni non previste dalla legge italiana, come i termoscanner all’entrata. Ai genitori tocca controllare la salute dei figli e informarci di ogni malattia all’interno del nucleo familiare, compresi i nonni e gli altri parenti». All’ingresso, tutti in coda, distanziati, per lavarsi le mani e accertare la temperatura prima di entrare in classe. Solo i più piccoli entrano con un genitore, che però resta fuori dalla classe. Questa viene disinfettata ogni giorno, i bagni più volte al giorno da “ghostbuster” armati di candeggina.

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Insegnanti tutti presenti

«Dal primo giorno è andato tutto bene – riprende Venturi – con un responsabile della sicurezza che ci supporta per verificare che sia tutto in regola. I ragazzi (in tutto 450 nelle due sedi, dei quali solo il 30% svizzeri, nda) hanno dimostrato grande senso di responsabilità, seguendo esattamente le disposizioni dai più grandi, che entrano per primi, ai più piccoli. La voglia di rivedersi ha sicuramente aiutato a creare un clima disteso. I genitori, che abbiamo informato con una riunione on line, sono soddisfatti. Quanto ai professori (sia italiani che stranieri, nda), che cosa avrebbero dovuto fare medici e infermieri durante l’emergenza? Trovo scandaloso che gli insegnanti abbiano paura: facciano il loro mestiere. Qui si sono presentati tutti, li abbiamo preparati in anticipo sui protocolli e non sono stati passivi, ma hanno fatto proposte su casi specifici. Il protocollo è stato così aggiornato e lo sarà continuamente in base alla fluidità della situazione, che presenta molte variabili, dal vaccino alla possibilità di chiusure totali o parziali».

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