Senzatetto a Malpensa, Milano snobba l’incontro. Bellaria: «Sala faccia la sua parte»

Un momento dell’incontro in prefettura

VARESE – Il rigattiere 70enne che ha fatto dell’aeroporto di Malpensa il suo personale magazzino, ma anche la sua dimora, oppure la donna anglo-italiana senza più una casa e che ha scelto lo scalo della Brughiera come rifugio dove passare le notti. Sono solo due esempi del popolo dell’abisso che ha fatto dei terminal la propria dimora, ma anche il luogo dove mettere insieme qualche soldo per vivere.

I numeri

Si parla di 90 persone nelle stagione fredda che scendono a una quarantina con l’arrivo dell’estate. E di queste, una ventina sono stanziali e hanno ricavato in alcune zone dell’aeroporto veri e propri spazi abitativi. Che vengono smantellati dalla polizia di frontiera piuttosto che dalla società che gestisce lo scalo, ma che poi rispuntano in un continuo “disfare (da un lato) e rifare (dall’altro)” che fa sentire tutto piuttosto impotenti davanti a queste situazioni di degrado.

L’incontro in prefettura

E proprio della problematica dei senza tetto che trovano rifugio allo scalo si è parlato nell’incontro convocato – oggi, giovedì 29 giugno – dal prefetto Salvatore Pasquariello, il quale ha messo attorno al tavolo Sea (la società che gestisce lo scalo), Enac, sindaci dei Comuni limitrofi, associazioni del terzo settore (Caritas e CRoce Rossa) che operano a stretto contatto con i senza tetto, Aler, Regione, Comune di Milano (assente) e forze dell’ordine.

Sindaci: «Milano sia capofila anche sui problemi»

Toni bassi, ma concetti chiari e senza margini di manovra quelli espressi dal sindaco di Somma Lombardo Stefano Bellaria: «Parlo a nome anche dei miei colleghi. Non è possibile che quando si apre il T2, il Comune di Milano è in prima fila e quando ci sono problemi si nota la sua assenza. E la mia non è una polemica politica». In effetti il posto riservato al Comune meneghino nella sala Motta della prefettura oggi era vuoto. Posizione condivisa ed espressa anche dal sindaco di Ferno Sarah Foti. Bellaria ha poi aggiunto: «Il ruolo fondamentale lo deve avere il Comune di Milano. Noi abbiamo fatto i salti mortali per gestire l’accoglienza, ma non possiamo essere sempre la rete di ricaduta dei problemi che ci sono dentro l’aeroporto. Noi oggi siamo presenti poiché amministratori responsabili, sappiamo che è anche una questione di risorse, ma Milano non si può esimere dall’essere il Comune in prima linea su questa e altre tematiche. Inoltre serve mettere in campo strumenti, ma soprattutto garantire i fondi necessari per rendere gli interventi strutturali. Altrimenti ci limitano a spostare il problema dall’interno dell’aeroporto all’esterno».

Il prefetto: «Subito un incontro anche con Milano»

«Abbiamo invitato il Comune di Milano e il sindaco Sala – ha detto il prefetto – ha risposto dimostrando che non manca la volontà di collaborare per trovare risposte concrete. Nella missiva mi era stata preannunciata l’assenza, ma mi farò promotore di un secondo incontro che preveda anche la presenza del sindaco milanese o di un suo stretto referente. Ed è mia intenzione organizzare un incontro qui in prefettura anche con l’assessore regionale e Ats».

Convivenza delicata

I presenti al tavolo hanno illustrato in maniera piuttosto dettagliata i problemi di convivenza tra i senza dimora, i passeggeri, ma anche gli operatori allo scalo. Oltre che dell’attività messa in campo per cercare di risolvere un problema complicato. Sono intervenuti i rappresentanti delle forze dell’ordine, in particolare la polizia di frontiera: «Sono oltre 120 gli ordini di allontanamento emessi, senza contare le sanzioni amministrative. Ma a fronte di nulla tenenti spesso sono interventi non efficaci».

Così come “gli sgomberi”. Ci sono persone che nei terminal, o in area poco “vissute” hanno ricavato veri e propri “appartamenti” con fornelletti per cucinare, ma anche spazi per stivare oggetti personali. «E molte volte – spiegano i rappresentanti di Sea ed Enac – si posizionano davanti alle vie di fuga o in luoghi che interferiscono con la vita dello scalo. Ogni volta interveniamo, ma il problema si ricrea altrove». Ma non è solo una questione logistica: «Non tutti per fortuna – continuano – ma ci sono soggetti che a volte diventano aggressivi sia nei confronti di passeggeri, sia rispetto a chi lavora allo scalo. Insomma la convivenza è comunque complicata».