Settimana di “Quattro giorni”, Maran: «Meno ore di lavoro contro le crisi»

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VARESE – «Penso che una settimana lavorativa di quattro giorni sarebbe un beneficio anche per chi oggi è scettico a riguardo, perché migliorerebbe la sua vita. E sicuramente non renderebbe più poveri, ma permetterebbe di liberare del tempo da dedicare alle proprie passioni, sviluppandola in maniera più piena e consapevole». Come ha spiegato Giorgio Maran, fondatore di Collettiva, nel libro “Quattro giorni – Manifesto per la riduzione della settimana lavorativa”, «il problema è invece come è distribuito oggi il lavoro: per alcuni è troppo e per altri è troppo poco. Quindi la tesi è semplicemente continuare a fare tutto il lavoro che serve, ma distribuirlo in maniera più equa in modo da ridurre le aree di marginalità e rinforzare l’ordine sociale».

La conferenza internazionale a Valencia

L’opera è nata perché «a distanza di due anni dal mio libro “Il tempo non è denaro”, dopo tante presentazioni, incontri e per il confronto che c’è stato intorno, mi è sembrato necessario approfondire alcuni aspetti come la questione ambientale, quella di genere e il rapporto con la tecnologia».
Sulla settimana lavorativa di quattro giorni è in corso un dibattito molto acceso, con una prima conferenza internazionale che si è tenuta a giugno a Valencia e ha visto intervenire studiosi, ricercatori, politici, imprenditori e sindacalisti: «Tra loro era presente la vicepremier Carmen Calvo: la Spagna è infatti uno dei Paesi che ha dato inizio a una sperimentazione in tal senso, così come il Regno Unito e l’Islanda, dove è un diritto che ha guadagnato oltre l’85% dei lavoratori. Ci sono poi tantissimi esempi di singole aziende, che stanno già iniziando ad applicarla ai propri dipendenti».
In passato si era pronunciata a favore la premier finlandese Sanna Marin e con lei Jacinda Ardern in Nuova Zelanda e Nicola Sturgeon in Scozia: «Mentre per alcuni Stati si tratta di un risultato già raggiunto e altri ci stanno provando, sono molti a ragionare sul tema della redistribuzione del lavoro, anche in risposta ai cambiamenti tecnologici a cui andremo incontro».

Le crisi che stiamo affrontando

«Il tema fondamentale – ha continuato l’ex consigliere di Bodio Lomnago, ora funzionario sindacale di Filcam-Cgil (per statuto non è possibile ricoprire cariche elettive) – è capire che la settimana di quattro giorni si pone all’intersezione di varie crisi che stiamo affrontando: c’è la crisi ambientale, che ci costringe a chiederci se la strada sia davvero lavorare di più per produrre di più e consumare di più.
C’è la crisi della cura, in cui ci siamo accorti che il lavoro grava quasi solo sulle spalle delle donne: crea disuguaglianze tra i generi e le costringe a scegliere tra il lavoro e la salute, e gli uomini a sacrificare la famiglia, con una scelta squilibrata anche lì.
C’è la crisi della salute, che è esplosa all’attenzione con la pandemia: ci siamo accorti che spesso le condizioni in cui lavoravamo la influenzavano negativamente.
E poi c’è la crisi della disuguaglianza, che attraversa la nostra società ed è in continua crescita: l’ultimo rapporto Istat ci dice che in Italia la povertà è cresciuta tantissimo, con oltre cinque milioni di persone in questa condizione». La risposta sarebbe quindi una strategia che ridistribuisca il lavoro tra i cittadini: «Permetterebbe a tutti di avere un reddito e sentirsi capaci di fare ciò che serve all’interno della società».

L’incontro a Villa Mirabello

Come ha ribadito Maran, il lavoro è non è solo un modo come un altro per procurarsi un reddito: «Ci dà un senso, un posto nella società e alcuni diritti. Ma proprio per la sua importanza è giusto porsi il problema di garantirlo a tutti quanti e continuare a fare ciò che serve per avere una comunità prospera e possibilmente felice. Magari anche rallentando un po’, dal momento che in realtà semplicemente non serve correre così».
A luglio i temi affrontati in “Quattro giorni” sono stati al centro di un incontro a Villa Mirabello, moderato da Cecilia Santo, attivista di Collettiva, a cui hanno partecipato Stefania Filetti, segretaria generale di Cgil Varese, e Marco Grimaldi, consigliere regionale del Piemonte. «È andato molto bene e ha riscosso tanto interesse: alle iniziative che organizziamo c’è sempre partecipazione, da quel punto di vista siamo stati contenti. Però ha anche dimostrato che in territori che uno può pensare come meno pronti, magari anche per pregiudizi, quando inviti le persone a riflettere sulle loro vite sono invece sensibili».

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