Ritardi e disattenzione, la scuola calpestata

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La scelta da parte della Regione Lombardia di chiudere tutte le scuole come primo intervento per contrastare la risalita della curva dei contagi e quindi la terza ondata ormai prossima, ha causato in noi genitori e insegnanti un profondo sconforto, una disillusa frustrazione e una grande rabbia.

Siamo testimoni del fatto che per i bambini questo nuovo lockdown (di fatto lo è per loro) sia un ennesimo duro colpo che ha causato tristezza e una nuova solitudine. Il silenzio delle loro voci a tratti muta in una voce magra e fragile con la quale stanno crescendo.

Facciamo parte di comunità che si sono sempre impegnate e continueranno a impegnarsi per quanto nelle nostre forze, a evitare il dilagare del Virus. In molte scuole del nostro territorio, fino alla brusca e repentina interruzione della didattica, non vi era NESSUN contagiato.

Questo rende la Vostra decisione, così generalizzata, ancora più difficile da accettare. Non è tollerabile che a distanza di un anno dall’inizio della pandemia ci si ritrovi nella medesima impreparazione e situazione emergenziale.

Non è possibile tacere di fronte all’inesistenza di controlli e sanzioni da parte delle istituzioni di coloro che, in maniera plateale e incosciente, non rispettano le regole. Non è possibile rimanere in silenzio accettando passivamente questa grave ingiustizia nei confronti di bambini, ragazzi e delle relative famiglie.

Se è vero che i bambini di infanzia e primaria, oltre che i ragazzi delle scuole secondarie (in DAD da un anno ormai!!!), sono il veicolo principale del Virus, ci chiediamo perché la Lombardia stia avviando solo ora la campagna di vaccinazione del personale scolastico. Un’azione maggiormente tempestiva e lungimirante avrebbe permesso il rientro di tutti gli studenti in sicurezza, se non a Settembre, almeno già a Gennaio.

Ci chiediamo se esistano o siano mai esistiti dei piani e delle strategie di tracciamento e screening preventivo mirati e pensati per le scuole. Ci chiediamo, inoltre, dove siano progetti organizzativi di intervento puntuale, dove siano le
alternative al criterio delle chiusure generalizzate. Ci domandiamo che fine abbia fatto tutto il lavoro potente e rivoluzionario della commissione guidata proprio dal professor Bianchi che aveva avuto mandato, dall’allora ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, di ripensare la scuola. Quel piano, la cui prima audizione risale a Giugno 2020, avrebbe  dei ragazzi in sicurezza e con una visione rinnovata per il futuro. Perchè la potenza riformativa del progetto messo a punto non è stato attivato sin da Settembre, con strategie alternative alla chiusura, con possibilità nuove di vedere e vivere la scuola, sollecitate dalla situazione di crisi che viviamo?

Si è continuato come prima: non si è costruito, pur avendone tempo e strumenti, un sistema nuovo. Si è, invece, continuato a comporre rammendi su un tessuto ormai sfilacciato. Dove sono gli interventi normativi che la commissione auspicava e riconosceva come indispensabili per rendere realtà una scuola rinnovata e sicura? Ci vuole coraggio, creatività e competenza per uscire riformati e non uguali a prima!

Dove sono i patti educativi di comunità, auspicati per la ripartenza, che avrebbero consentito alle scuole sia un utilizzo ragionevole degli spazi sul territorio, quindi maggiore sicurezza e protezione, sia una didattica rinnovata? Perché non si è lavorato per rendere concreta questa progettualità così importante per i nostri bambini e i nostri ragazzi?

Dove sono andate a finire le richieste di semplificazioni normative che avrebbero consentito ai dirigenti scolastici delle diverse scuole di fare classi meno numerose e riaprire con un respiro di tranquillità?

Gli insegnanti si sono rivisti, riorganizzati e hanno inventato, nella distanza forzata, modi diversi di vicinanza, nuovi modi per tenere il filo della continuità con i propri bambini e con i propri ragazzi. La scuola deve essere il luogo nel quale si potenzia la consapevolezza della complessita del mondo, dove si favorisce l’attitudine a gestire la stessa; dove si impara perché si sta bene e dove il proprio desiderio di curiosità conoscitiva e relazionale viene soddisfatto. E non una sorta di “non luogo” perché non più “sognato” da chi potrebbe innovare dall’alto.

Non c’è più tempo. La chiusura, se chiusura deve essere, ora deve essere progettuale, altrimenti ci sentiremo ancora una volta ingannati. Ci chiediamo quando la scuola sarà al primo posto nelle agende di chi ci governa e riteniamo allarmante e angosciante costatare che il diritto all’istruzione e alla salute psicofisica dei nostri figli venga per l’ennesima volta calpestato.

Anna e Katja Cozzi
e alcuni genitori di Sumirago e della provincia di Milano

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