Pedopornografia: sumiraghese condannato a 10 anni e 8 mesi

SUMIRAGO – Capace di intendere e di volere. Ma anche di stare in giudizio. Non solo capace di reiterare il reato del quale è accusato. Il 48enne di Sumirago a processo davanti al collegio del Tribunale di Busto Arsizio presieduto dal presidente della sezione penale Giuseppe Fazio (Veronica Giacoia e Cristina Ceffa a latere) è accusato di possesso di materiale pedopornografico E’ stato condannato a 10 anni e 8 mesi, oltre a 62mila euro di multa. Questa mattina, 6 giugno, il pubblico ministero Francesca Gentilini aveva chiesto una condanna a 12 anni e 8 mesi suo carico.

Sei ore di camera di consiglio

La camera di consiglio è durata oltre 6 ore. Il collegio ha stabilito anche l’interdizione perpetua dalla tutela, curatela e amministrazione di sostegno, interdizione perpetua dai pubblici uffici e dalle professioni scolastiche e di istruzione. Stabilito inoltre il risarcimento in separato giudizio per le parti civili rappresentate dall’avvocato Jacopo Arturi: 6000 euro oltre 3000 euro le provvisionali. L’avvocato Arturi si è detto a caldo «Soddisfatto che dopo una così lunga camera si consiglio sia arrivata una condanna per fatti allarmanti e riprovevoli».

Capace di intendere e volere

Secondo l’accusa il 48enne, attraverso vari falsi profili social dove si spacciava per un adolescente piacente (con tanto di foto fasulla), adescava ragazzine minorenni (in provincia di Varese ma anche nel resto d’Italia: una delle vittime è venuta a testimoniare da Bari) riuscendo a carpirne la fiducia. Una volta ottenuto il numero di cellulare, si faceva inviare foto osè delle minori su Whatsapp. Il sumiraghese, per l’accusa, attuava una sorta di pesca a strascico andando a intercettare le ragazzine più fragili, quelle più insicure. E ha sempre rifiutato di incontrarle di persona; l’inganno, altrimenti, sarebbe stato svelato. E’ stata la madre affidataria di una delle vittime (in due si sono costituite parte civile) a scoprire cosa stesse accadendo e a far partire le indagini.

Si fingeva un 16enne

In aula il 48enne aveva dichiarato di fingersi un adolescente per poter ritornare a quel periodo della sua vita che, stando alle sue parole, una madre anaffettiva gli aveva portato via. Aveva raccontato inoltre di essere diventato dipendente dalla pornografia, dando la colpa alla rete che tanto facilmente permette di reperire questo tipo di materiale. E’ toccato al pubblico ministero ricordare all’imputato la differenza tra pornografia e pedopornografia. La richiesta di condanna di oggi, dopo una perizia psichiatrica che non lasciava scampo, dimostra la convinzione dell’accusa e la credibilità delle vittime.

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