Troppi morti dal “ponte dei suicidi”. L’appello di una mamma: intervenite

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CAIRATE – Lo chiamano il “ponte dei suicidi”. Definizione scontata, quanto vera e in modo drammatico: da lì, dal ponte di Cairate, decide di concludere la propria vita chi combatte contro il disagio esistenziale, e soccombe. Quante sono le persone, giovani, meno giovani, uomini e donne, che negli anni si sono gettate nel vuoto? L’ultimo della serie è un ragazzo di 29 anni, che ha scritto la parola fine nei giorni scorsi. Un suo amico ha inviato una lettera alle istituzioni affinché intervengano installando recinzioni più alte, possibilmente invalicabili.

Un appello a cui ne segue un altro, accorato e doloroso; è di una mamma che due anni fa ha perso il proprio figlio, anch’egli suicida dal ponte. Poche righe per rappresentare una ferita impossibile da rimarginare e per contribuire a sensibilizzare le autorità al problema. Certo, non saranno pochi metri di barriera in più a scoraggiare gli aspiranti suicida, quanto meno serviranno per circoscrivere un luogo diventato tristemente famoso, dove le croci non si contano più. Dove una mamma prova a fare memoria del figlio appellandosi a sua volta a coloro i quali potrebbero, anzi, dovrebbero intervenire per mettere in sicurezza il ponte.

La Regione, la Provincia, il Comune hanno molti altri problemi da affrontare e risolvere. In questo caso ne hanno uno di sostanza etica e umanitaria. Qualunque azione non basterà a evitare nuovi drammi (la questione è ben più complessa), ma servirà a lenire il dolore di chi, dal “ponte dei suicidi”, hh perduto i propri cari. Urgono risposte, non a noi ma a una mamma che soffre e a quanti si aspettano attenzioni concrete, non solo promesse mai attuate.

La lettera

Buongiorno,

mi chiamo Zecchin Marzia, sono una mamma sopravvissuta, il mio unico figlio di 28 anni, il 29 settembre 2021 si è suicidato sul ponte di Cairate. A dicembre ho scritto alla Regione Lombardia che mi ha risposto che inizieranno i lavori per mettere in sicurezza quel maledetto ponte.

Dopo altri tragici eventi, ho scritto al sindaco che si è resa disponibile per organizzare qualcosa per sensibilizzare gli alti vertici. Aiutatemi in questa battaglia, fermiamo questa carneficina. I FIGLI, i PADRI, le MADRI che nel tempo si sono tolti la vita su quel ponte non sono esseri umani di terza classe, non vanno dimenticati.

Ho visto che un caro amico del ragazzo che ha compiuto il gesto estremo sabato notte vi ha scritto una lettera: se vuole unirsi alla mia battaglia dategli il mio contatto. A noi familiari rimane solo una cosa da fare: sopravvivere camminando tutti i giorni nell’ inferno. Grazie.

Zecchin Marzia 

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