Varese, largo Flaiano e le risate di Ennio

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Ennio Flaiano, uno straniero in patria

Siamo un popolo di incontentabili. Un’ insoddisfazione cronica che, già negli anni Settanta, era messa in luce da un formidabile Carosello, interpretato da Gabriele Albertini, per reclamizzare gli elettrodomestici Ignis. Altri tempi, si dirà. Vero, se consideriamo che quelli di adesso sono peggiori. Gli esempi si sprecano lungo tutta la Penisola e per le più disparate questioni. Ma ce ne basta uno per illustrarne mille altri di uguale dinamica. Ci riferiamo all’apertura della nuova maxi rotonda di largo Flaiano, a Varese. Per paradosso un crocevia dedicato al più caustico, intelligente e dirompente degli umoristi/scrittori/giornalisti italiani: Ennio Flaiano. Il re degli aforismi e dell’ironia, della presa per i fondelli per gli usi e i costumi, le contraddizioni e le fragilità dei suoi concittadini. A leggere e ascoltare quanto si è sproloquiato attorno al cantiere in questione, alla sua realizzazione e, ora, alla sua apertura, si sarebbe sbellicato dalle risate. E chissà cosa avrebbe commentato. “Poche idee, ma confuse” avrebbe ripetuto per stigmatizzare a modo suo il chiacchiericcio e le sciocchezze di questi giorni.

 Volete la prova? Andate a leggere gli ultimi articoli di alcuni media, protagonisti di virate clamorose, tra iniziali e feroci critiche e, il giorno dopo, di attestazioni dei buoni risultati viabilistici prodotti dalla nuova rotonda. Per non dire dei politici: pronti a lanciare accuse sui ritardi nella realizzazione dell’opera e, a cose fatte, polemici per la fretta con cui si è dato via libera alle auto. Bisognerebbe mettersi d’accordo con se stessi. Ma è un’impresa: i giornalisti devono fare sensazione anche a costo di sparare cazzate; i politici sono abituati a strumentalizzare tutto e abili nel trovare ombre, vere, presunte, verosimili o farlocche negli avversari. E non crediate che gli atteggiamenti sarebbero diversi a parti invertite.

Ci sono voluti vent’anni per sistemare lo sbocco varesino dell’autostrada, l’unica autostrada che finisce dentro una città. Ma non si può darla vinta a chi ha portato a termine l’intervento: qualche pecca deve pure averla anziché no. Cara grazia che nessuno s’è inventato che la giunta Galimberti, per risolvere il problema del traffico, dovrebbe semplicemente eliminare il traffico.

Succede a Varese, succede dappertutto. Che però accada a Varese, città quasi Svizzera, fa capire di che pasta siamo fatti noi italiani. Mai contenti, sempre pronti a criticare, a far emergere malumori e capricci, a cercare il pelo nell’uovo anche soltanto per fare i bastian contrari. Anche quando le cose vanno bene o, comunque, sono acclarati gli sforzi per farle andare bene. E se mai andassero davvero male, apriti cielo. Come minimo assisteremmo alla classica fuga dalle responsabilità e agli scaricabarile della classe dirigente che, manco a dirlo, non sbaglia mai. Al massimo sono sempre gli altri a commettere gli errori o, per dirla in un altro modo, a trarre in errore. Dobbiamo rammaricarcene? Non servirebbe a niente, è sempre andata così. Per cambiare certi pessimi comportamenti ci vuole ben altro che un pistolotto giornalistico. Non ce l’ha fatta Flaiano, che pure di penna andava giù pesante e con autorevolezza, figuratevi noi meschini e tutti gli altri scriba ben più importanti. Cosa aggiungere? Bè, lasciamolo dire ancora una volta a Flaiano: “La situazione è grave ma non è seria”.

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