Fatture false e usura da Rimini a Varese: sequestri e arresti in tutta Italia

varese rimini usura arresti

VARESE – Fatture false per oltre 20 milioni di euro, reati come usura, estorsione e truffa aggravata hanno portato in carcere un imprenditore di origine calabrese, ritenuto capo di un’associazione a delinquere operante in almeno sei province italiane. All’alba di oggi, mercoledì 24 febbraio, Carabinieri e Guardia di finanza di Rimini hanno dato l’avvio all’operazione ‘Never Dream’, in Emilia-Romagna e, in contemporanea, in Marche, Calabria, Lombardia e Puglia.

Venti le persone indagate

Venti le persone indagate per l’associazione a delinquere che secondo gli investigatori aveva base nel riminese, ma con ramificazioni e interessi economici anche in altre province (Pesaro, Vibo Valentia, Varese, Monza Brianza, Bari), con l’esecuzione di un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Rimini, che ha disposto nove misure cautelari personali, di cui tre in carcere ed il sequestro preventivo ai fini della confisca di beni per circa nove milioni di euro.

I reati fiscali

Al centro delle operazioni condotte dal sodalizio, il reato di evasione e il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti che l’imprenditore arrestato ai vertici del sodalizio perseguiva avvalendosi della collaborazione diretta ed indiretta di tutti i suoi sodali. In particolare, avvalendosi di un professionista, nei dettagli un consulente fiscale anch’egli indagato e posto agli arresti domiciliari. In particolare era stato avviato un meccanismo ben rodato e finalizzato a produrre impressionanti surplus di Iva a credito, sia a mezzo di fatture per operazioni inesistenti, che mediante esportazioni fittizie di ingenti quantitativi di materiali verso l’estero – la Lituania, in particolare dove avevano sede due delle 38 aziende coinvolte nel giro di fatture – con lo scopo di ottenere un ingente arricchimento patrimoniale personale. Successivamente, le società allo stesso “dominus” riconducibili dietro alle quali si celava con la collaborazione di prestanome e teste di legno utilizzavano i suddetti crediti Iva (fittizi) per l’indebita compensazione delle imposte dovute, nonché per operazioni di accollo di debiti tributari mediante stipulazione di specifici contratti con società terze beneficiarie, per un importo accertato pari a 1.415.000 euro.

Riciclaggio e usura

Nel corso dell’operazione sono state fermate sul nascere operazioni di “riciclaggio” e “auto-riciclaggio” di parte del denaro proveniente dalla commissione dei reati tributari, pari a circa 315mila euro. Operazioni che consentivano il graduale e consistente arricchimento del patrimonio personale sia del dominus, che di altri appartenenti all’associazione per delinquere, nonché di terzi che hanno avuto contatti più o meno assidui con gli indagati. In più nelle Province di Pesaro e Rimini il boss dell’organizzazione criminale ricorreva talvolta anche all’usura e all’estorsione “strozzando” di fatto imprenditori in difficoltà sotto minaccia. Si vantava delle proprie origini calabresi e delle proprie “conoscenze”. Dal titolare di un negozio di articoli per l’infanzia il sodalizio criminale si era fatto consegnare assegni in bianco con la scusa di investirli nell’attività, assegni poi di fatto messi subito all’incasso. E quando il titolare del negozio si rifiutava di pagare, ecco che partivano le minacce. Al titolare di un distributore di carburanti i criminali avevano applicato un tasso di usura del 75% in seguito all’erogazione di un prestito.

Il vice ministro Mauri interviene a Varese su norme Covid e infiltrazioni mafiose

varese rimini usura arresti – MALPENSA24