Bianchi: «Siamo il centrodestra del fare. Con Galimberti i Cinque stelle “divanisti”»

Varese Matteo Bianchi

VARESE – Ci voleva un uomo capace di non scivolare sul ghiaccio, un ex hockeista, perché il terreno del centrodestra varesino, con la rinuncia della candidatura di Maroni, era diventato scivoloso e periglioso. Ci voleva una persona capace di usare ago e filo per cucire gli strappi, un diplomatico, perché a volte il taccone (la pezza) è peggio del buco. E Matteo Bianchi, che non era al posto giusto (poiché avrebbe voluto proseguire il suo percorso politico da deputato), si è confermato essere “l’uomo giusto, al posto giusto”.  «E ora ci giochiamo la partita – dice dopo un mese da candidato vissuto tutto di un fiato –  perché ci sono talmente tante cose da fare che quasi non ho avuto il tempo per respirare».

Matteo Bianchi, come ha vissuto questo primo mese da candidato sindaco del centrodestra? 
«Diciamo che ho avuto solo il tempo di respirare. E’ stato un mese denso di emozioni e pieno di cose da fare. Sono arrivato in corsa per tentare di colmare il disimpegno da candidato di Roberto Maroni, il quale mi ha assicurato il suo massimo sostegno. E in maniera molto umile sono partito dal territorio e dal contatto con i cittadini. Che mi hanno dato un bel feedback sul mio radicamento in città. Perché è vero che sono di Morazzone, ma a Varese ho studiato, praticato sport, fatto politica e ho moltissime delle mie relazioni sociali. Insomma il fatto che il mio radicamento non sia solo una sensazione personale lo ritengo importante».

Qual è stata la prima cosa che ha fatto dopo l’ufficializzazione della sua candidatura?
«Rispondere a tutti i messaggi di sostegno e di stima che mi sono arrivati. Credo di non aver dimenticato nessuno dei tanti che mi hanno scritto».

Ci aspettavamo una risposta del tipo: “Tenere unita la coalizione”, visto che il centrodestra era in totale fibrillazione anche a Varese.
Matteo Bianchi sorride prima di rispondere: «Guidare una coalizione che ha trovato compattezza attorno al mio nome mi fa un grande piacere. Ma sono sincero, mi è bastato essere me stesso. Certo ho ricordato a tutti che l’unità del centrodestra per me resta un valore importante. E che alla gente non piacciono le coalizioni litigiose».

Chi la conosce bene sostiene che lei abbia usato l’ago e il filo della diplomazia, anche quando sarebbe servita la spada, per cucire strappi e ferite del centrodestra. Quanto è tornata utile la sua decennale esperienza da segretario provinciale della Lega? 
«Molto. Anche se essere candidato sindaco e molto più complesso e impegnativo. In questo ruolo arrivano sollecitazioni senza filtri. Si è sempre in prima linea. Però sia chiaro, in questa partita non sono solo, ma ho una squadra composta dai partiti, dai coordinatori e dai militanti. Ognuno è importante e deve dare il proprio contributo».

Il centrodestra varesino sembra abbia ritrovato entusiasmo e serenità. Ma non è tutto rosa e fiori. Come sta gestendo la nascita della quinta lista, quella civica, attorno alla quale si percepisce una certe freddezza al di là di presentazioni e foto di rito? 
«Non ci si deve lasciare ingannare dal fatto che il percorso di costruzione della civica sia iniziato più tardi rispetto alle altre componenti della coalizione. Detto questo credo sia il completamento della coalizione di centrodestra. E’ importante costruire un’offerta politica convincente per tutto l’elettorato: da quello moderato a quello più a destra».

“Elettorato moderato”: da sinistra e destra sta diventando un mantra. Il problema però non è ripetere in continuazione queste due parole, bensì essere punti di riferimento autorevoli per coloro che stanno al centro. Non crede? 
«Non sono abituato a guardare in casa d’altri. Ma l’amministrazione di centrosinistra ha contribuito a polarizzare ancor di più lo scenario politico varesino. Inoltre, Davide Galimberti, sostenuto dal Pd, ha imbarcato i Cinque stelle. I grillini sono il movimento dei “divanisti” e del sussidio. Ovvero principi che non si coniugano con gli elettori moderati, i quali credono che il lavoro sia un valore. Cosa che lo è anche per il centrodestra. Da sempre».

Temi e idee: non ne avete, come dicono gli avversari oppure non li avete ancora svelati? 
«Abbiamo idee e progetti. Sono loro, quelli del centrosinistra, che in cinque anni non hanno fatto il pgt. Uno strumento necessario per programmare la città. Non è, infatti, un caso che tutti i loro interventi siano stati fatti a spot. Sono “scollegati” tra loro. Mi spiego meglio: oggi la rigenerazione urbana è un tema non più rinviabile e non può essere relegato a un solo quartiere. Varese ha la necessità di un piano di governo del territorio complessivo e noi glielo daremo».

Ma quali saranno le vostre leve programmatiche? 
«Faccio tre esempi. Riqualificazione funzionale dello stadio. Penso a un impianto da 10 mila posti dedicato allo sport, ma anche ad accogliere eventi culturali e musicali. Uno spazio che avrebbe mercato in tutta la Lombardia. Milano ha impianti troppo grandi e soffre la mancanza di una struttura di media dimensione. Il Franco Ossola riqualificato potrebbe soddisfare le esigenze sportive della città, ma anche attrarre un pubblico territorialmente più ampio e diventare motore economico. Il patrimonio scolastico meriterebbe un piano di intervento generale anche sulla base dei fondi del Pnrr. E i Servizi sociali: bisogna prendere per mano chi è in difficoltà per facilitare il reintegro sociale e lavorativo. Percorsi ben diversi dall’assistenzialismo fine a se stesso».