«Cassano, la politica e le elezioni: per i nostri giovani temo finirà male»

cassano municipio

Cari cassanesi, cari concittadini,

Vi scrivo da casa mia, una delle tante nel nostro Paese, che non deve restare in silenzio nell’attesa di un cambiamento politico, uno qualunque.

Vi scrivo da uomo che vive dove vivete voi, con le vostre famiglie etutti coloro che conoscete, gli amici, i cari.

Vi scrivo non per ultimo da papà.

Vorrei chiedervi dei nostri figli e delle nostre figlie, con preoccupazione. Come stanno?

Si stanno approntando liste elettorali per il prossimo futuro della nostra Città, del nostro Consiglio comunale ed amministrazione; si proveranno nuovi schemi di partito o di movimento, magari il civismo politico, l’alleanza trasversale, l’apparentamento, ma penso già di sapere come finirà per il futuro dei nostri giovani figli che vivono a Cassano Magnago.

Come me, credo lo sentano in molti: temiamo finisca male.

Nel tempo della nostra gioventù – parlo da cinquantenne – la bocca di tanti rappresentanti locali, di esponenti di aggregazioni variopinte e sovente velleitarie, si riempiva facilmente della parola protagonismo, quello giovanile.

Lo so perché c’ero, probabilmente tra più d’uno che legge, nell’agone politico. Sperimentavo con altri il modello di nuove forme del ritrovarsi, inclusive ed aperte, come si sosteneva si volessero. Si proponeva la comunità giovanile come esempio organico di sostegno, di condivisione e di azione. Si indicava la strada formatasi dall’abbattimento dei muri, dal superamento degli schemi invecchiati; il cammino di fuori, la cultura radicale, la ricerca dell’identità profonda, l’anticonformismo come dogma, la ribellione come prassi …Quanti ideali!

Quali valori siano rimasti non lo so. So che eravamo giovani anche noi. So che c’è servito vivere quel protagonismo, vitale e salutare.

Voglio dire che da allora, a destra, a sinistra, mi pare non ci sia stata tanta genuinità, troppa partecipazione, quasi nessuna felice intuizione che portasse a rendere davvero vincente l’energia, la freschezza dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze.

Renderli protagonisti sarebbe stato a dire, etimologicamente, fare sì che le prime parti fossero le loro, dei giovani; renderli attori principali dell’opera, del destino, anche del nostro.
Non è stato così. Le parti da protagonista sono state troppo spesso appannaggio di attempati, apparentemente maturi personaggi capaci di conquistare consenso, a fini elettoralistici; dei più scaltri, dei più furbi, dei più scafati quando non dei soggetti dai discutibili interessi personali. Le parti da gregario o da comparsa sono state riservate a tutti gli altri, impietosamente.

Questa fattispecie di nomenclatura gerontocratica, consentitemi di affermarlo, credo non abbia saputo che proporre ai più piccoli parti di intrattenimento, quasi fossero giullari che volessero o dovessero solamente farsi compagnia, mica crescere e divenire grandi insieme. Di fronte ad un potenziale di enorme crescita individuale e collettiva non si è trovato molte volte di meglio che ingessare, trattenere, finanche impedire qualunque sviluppo o fioritura di nuove e buone personalità alternative.

Diciamolo insieme: si è sbagliato molto. Oggi lo si vuole fare ancora? Ancora si punta a dare spazi di intrattenimento solitari, di stazionamento, nell’attesa che gli adulti passino a prendersi i piccoli nel frattempo diventati grandi da soli? Magari domandando loro cos’hanno fatto, se si sono sufficientemente divertiti … Mi riferisco alle solite vecchie politiche, piuttosto maniacali, che insistono pervicacemente sui luoghi di aggregazione minorile come riserve, sugli strumenti musicali che tutti debbono suonare, sulle ludoteche che forse si sono rivelate trampolini per rovinare intere e numerose famiglie di malati di gioco.

Siamo vecchi forse, ma facciamo vecchie tutte le cose! Basta, non inganniamo, fermiamo questa assurda corsa al collasso dei nostri giovani! La verità, diciamolo, è che serve loro confrontarsi e fare chiarezza, assolutamente ed ancora, sull’identità posseduta, sulla stima che meritano, sul posto che sarà loro.
Perché continuare a trattenere il fiato sul loro destino sperando che diventino presto vecchi, così da scampare quei pericoli insiti nel farsi delle domande e darsi in autonomia delle risposte, qualunque siano, siano pure sbagliate e fuorvianti.

Il Papa, Francesco, sostiene la Chiesa in uscita, che va fuori. Se vogliamo credergli, perché è un uomo maturo o saggio, facciamo fuoriuscire la nostra giovane chiesa laica, la nostra cittadella giovanile, dalle sabbie domestiche ed ammorbate del chiuso conformismo.

Come stanno i giovani minorenni veramente?

Non intratteniamo semplicemente i nostri ragazzi e le nostre ragazze, questo possiamo chiederlo. Siamo certi che debbano venire slegati didentro, sganciati, venire sciolti per così dire. Tutto si è già liquefatto in questo inizio del secolo, tutto è liquido, noi non ce ne siamo accorti? Io per primo …
Sappiamo che il liquido prende le forme facilmente, decisamente meglio dei nostri solidi principi di conservazione e di rigidità famigliare, sociale e politica.

Liberiamoli, vi prego, o moriranno quei virgulti! Dentro gli schermi, dietro gli schermi, le vetrine dell’effimero per primo, del virtuale e del finto, dietro le vetrate delle scuole, che non s’aprono più sulle testimonianze forti e dirompenti, ma sulle urla del disagio, che si getta nel vuoto dell’esistenza …
Perdonate la retorica di un padre che scrive troppo e non è nemmeno un leone. Chi sa fare, invece, vuole realizzare cose, e ha progetti di politica per tutti noi cassanesi, risponda nei fatti a questa domanda, che ripeto.

Come stanno i nostri ragazzi?

Massimo Crespi
(cittadino di Cassano Magnago)

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