Fagnano, Catelli in consiglio: «Resto perché me l’ha chiesto la gente»

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FAGNANO OLONA – Avrebbe potuto essere il consiglio comunale dell’Apocalisse e invece potrebbe rivelarsi la Genesi. Di un’amministrazione che, anziché cambiare le carte le ha semplicemente mischiate. Più per imposizione e realismo politico che per scelta logica. E il centrodestra fagnanese ha centrato il primo vero obiettivo: restare in sella. Fissato nel mezzo della buriana da chi, (provinciali e commissario leghista) per un momento ha sfilato il volante ai locali per rimettere in carreggiata una macchina ormai fuori controllo. E così il consiglio comunale di ieri, giovedì 28 maggio, anziché la fine dell’esperienza di Più Fagnano, ha segnato un nuovo inizio. Il secondo dopo la vittoria elettorale di un anno esatto fa.

Onestà e mezze verità

Una bella patata bollente quella nelle mani del sindaco Elena Catelli, chiamata in apertura di consiglio a dare spiegazioni sul vortice di dimissioni date e ritirate. Una bella patata bollente che il primo cittadino ha deciso di raffreddare con una partenza tecnica, distaccata e facendo un elenco cronologico degli ultimi tragici episodi politici che hanno spinto Più Fagnano sul baratro.

Come se avesse voluto rompere il ghiaccio davanti a un pubblico che, per essere ai tempi del Covid, è stato piuttosto numeroso, prima di mettere sul tavolo le ragioni della retromarcia. E il sindaco non si è nascosto e non ha nascosto che quelli appena passati «sono stati giorni difficili, ma che sono serviti a tutti noi della maggioranza». Elena Catelli ha ricordato che «sono stati usati toni e parole pesanti da accettare» e spiegato che uno dei motivi per cui ha fatto il passo indietro è stato anche l’affetto della gente, «anche di quella che non sta dalla mia parte politica e mi ha detto di ripensarci». Certo «ho fatto qualche passo indietro rispetto alle mie convinzioni – ha spiegato il sindaco – ma anche gli altri della maggioranza hanno rivisto le loro posizioni nei mie confronti». Onestà.

Catelli non lo dice. Del resto il ruolo e la posizione consiglia di tacere sul fatto che il passo indietro è stato (diciamo) caldeggiato dai vertici del centrodestra, che hanno fatto capire che l’addio al Castello non era cosa da fare in questo momento delicato per l’intera comunità e anche per il centrodestra che ci avrebbe fatto una figura barbina. Parla di unità ritrovata e usa anche il termine «compattezza». Insomma silenzi e mezze verità. Però Più Fagnano va. Oltre una crisi davvero pesante. E che (e qui bisognerebbe capire quanto tutti davvero ci credono) potrebbe davvero essere l’inizio di un’esperienza amministrativa che di fatto, in un anno, non è ancora riuscita a decollare.

Fase 2

Un po’ come sta accadendo per la pandemia. Anche Più Fagnano, con il ritiro delle dimissioni del sindaco, è entrato nella Fase 2. Tanto che anche nel centrodestra locale si può parlare di misure preventive: le distanze di sicurezza, prese dal recente, imbarazzante passato. Tutti in maggioranza ieri sera hanno mostrato la voglia di girare pagina e di voler dimenticare in fretta l’epoca dei litigi. E come dpi (dispositivo di protezione individuale) in maggioranza tutti hanno indossato la mascherina per il Covid e si sono tappati il naso per digerire il nuovo assetto trovato. Che di fatto non ha rottamato nessuno (l’assessore Conte esce di scena dopo aver incassato anche il plauso delle minoranze), rimette in consiglio una Piera Stevenazzi che esce dalla vicenda e dalla giunta un po’ abbacchiata e anche ammaccata per le bordate prese; e con dentro un Gigi Rosa dai super poteri e sul quale confidano in molti per vedere risollevate le sorti politiche dell’amministrazione. Nessuno lo dice, ma pare che in Più Fagnano sia stato imposto anche il divieto di assembramento, ovvero meno ritrovi per scannarsi sulle (pericolosissime) chat e più “testa bassa e pedalare”.

Gigi Rosa
Il nuovo assessore Gigi Rosa

Dure ma non troppo

Il profumo di elezioni quindi ben presto è svanito nell’aria. E chi, anche tra il pubblico, aveva già l’acquolina in bocca, dovrà (almeno per i prossimi mesi) fare i conti con i crampi allo stomaco. E dai banchi consiliari delle opposizioni si sono alzate parole pesanti. Marco Baroffio di Siamo Fagnano ha mollato subito il ceffone politico: «Abbiamo capito chi comanda al Castello. Non voi, ma i partiti e i vostri superiori», dice in sintesi prima di elencare alcuni passaggi pesanti della crisi, appurare (con sorpresa) che in «cinque giorni avete risolto i problemi di un anno intero con un colpo di spugna» e chiedere quanto durerà il ritrovato idillio: «Due mesi? – conclude – Perché le persone che oggi dicono di essere compatte sono le stesse che fino a ieri si sono scannate. Però vi dò ancora una volta fiducia perché voglio vedere la vostra fine e il vostro declino».

Walter Lomi dei Cinque stelle ha spiegato che all’interno del movimento c’è stato un dibattito non semplice sulla posizione da prendere. Dice di non credere nella ricomposizione dei cocci del centrodestra e parla di poche decisioni prese e di assenza di idee. «Ora – ha chiuso Lomi – chiediamo a sindaco, assessori e consiglieri di rimboccarsi le maniche e lavorare».

Paolo Carlesso di Fagnano Bene Comune ha invece tirato fuori dal cilindro un discorso in tre atti. Ogni volta stoppato da un presidente del consiglio, Alessandro Mannino, che ha voluto applicare tempi svizzeri. Il capogruppo di minoranza ha criticato il ripescaggio in giunta di «assessori dimissionari sbertucciati dalla stessa maggioranza», ha puntato il dito sul sindaco «che è caduta nella logica di accordi politici fatti di numeri e non di persone e competenze» e ha ricordato le tante urgenze «che da settimane necessitano di una risposta».

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