L’affondo di Bertolini: «La casa è un diritto, ma non per tutti i legnanesi»

lucia bertolini legnano

LEGNANOLucia Bertolini (nella foto), candidata sindaca di La sinistra-Legnano in Comune fissa uno dei temi della campagna elettorale: quello dell’emergenza casa a Legnano. Bertolini segnala le «Lunghe file d’attesa per l’assegnazione di case popolari» a fronte «Di un patrimonio residenziale sovrabbondante» in città. «Ci sono case lasciate deliberatamente sfitte, altre abbandonate al degrado, altre ancora da tempo invendute. Tutto ciò è uno spreco e un costo per la città, ed ha anche un costo sociale.  Alle logiche di mercato questo non interessa. A un Comune invece sì». Bertolini propone di intervenire: «Avvalendosi della leva dell’Imu, incrementando modalità diverse di rispondere alle emergenze abitative, come il cohousing per l’inserimento sociale, la promozione di forme di cooperazione sociale e indivisa per l’autorecupero dello sfitto abbandonato, patti per la rigenerazione condivisa di edifici e spazi non utilizzati».

L’intervento della candidata sindaca

 Le lunghe liste d’attesa per l’assegnazione di case popolari è un sintomo del disagio abitativo in cui vive una parte dei cittadini legnanesi. E tuttavia a Legnano, come nel resto del nostro Paese, il patrimonio residenziale è sovrabbondante, ma è in parte sottratto alle sue finalità abitative. Ci sono case lasciate deliberatamente sfitte, altre abbandonate al degrado, altre ancora da tempo
invendute. Tutto ciò è uno spreco e un costo per la città, ed ha anche un costo
sociale.
Alle logiche del mercato questo non importa. Ad un Comune invece sì, e può
intervenire su questo versante avvalendosi della leva dell’Imu, promuovendo le
misure di sostegno alla locazione privata messi in atto dall’Agenzia per la
Locazione del Legnanese e adottando regole della pianificazione territoriale che
stimolino il recupero di edifici degradati con criteri di sostenibilità ambientale e di
efficienza energetica, nonchè con clausole di valore sociale.
In una situazione di impoverimento come l’attuale per effetto di Covid 19,
l’intervento pubblico dovrebbe essere più incisivo.
Invece, a fronte di un fondo per i “contributi affitto” totalmente insufficiente,
Regione Lombardia non ha previsto fondi aggiuntivi per affrontare la morosità
incolpevole in crescita.
Ha inoltre abbassato dal 40% al 20% la quota di unità abitative destinate alle
famiglie meno abbienti, cioè con Isee inferiore ai 3.000 euro: come dire che se sei
troppo povero non ti do la casa, perché c’è il rischio che non pagherai
l’affitto. L’obiettivo è sostituire quelli che essa chiama “gli indigenti” con un ceto
medio meno problematico e più abbiente, per coprire in questo modo i buchi di
bilancio. Tradendo le finalità con cui Aler (allora IACP) è nata più di cento anni fa. “Agli
indigenti ci devono pensare i Comuni”, per Regione lombarda.
I Comuni si trovano perciò sempre più soli ad affrontare un problema che rischia di
diventare esplosivo.
Oltre a reperire risorse per aiutare le famiglie in difficoltà, vanno valorizzate e
incrementate modalità diverse di rispondere alle emergenze abitative, come il cohousing
per l’inserimento sociale, la promozione di forme di cooperazione sociale e
indivisa per l’autorecupero dello sfitto abbandonato, patti per la rigenerazione
condivisa di edifici e spazi non utilizzati.
Anche premendo su Aler perché metta a disposizione alloggi oggi inagibili o degradati,
che il Comune potrebbe chiedere che gli vengano assegnati o ceduti, viste le difficoltà
con cui vengono amministrati. Perché non si possono più sopportare i casi
macroscopici dei cantieri abbandonati in Via Carlo Porta e in Via Ciro Menotti, oltre
ai mille problemi degli inquilini delle case Aler, segno di una gestione inadeguata.

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