Masterplan di Malpensa, chi lavora e chi sfrutta l’occasione

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Nella retorica giornalistica, l’accordo sottoscritto a Milano per lo sviluppo di Malpensa, passerà alla storia. In un certo senso è proprio così, quanto meno per la storia del territorio che ospita lo scalo della brughiera; territorio che subisce e, a un tempo, beneficia dei molteplici effetti indotti causati dalla presenza delle piste e di quanto gira loro attorno. Per semplificare, con il varo del masterplan l’aeroporto può ora svilupparsi con il consenso dei Comuni dirimpettai, riuniti nel Consorzio urbanistico volontario (Cuv) che rappresentano, non soltanto sulla carta, la controparte di Sea, la società che gestisce Malpensa. Nel mezzo ci sono Enac, la Regione e la Provincia di Varese, enti chiamati a mediare tra le esigenze delle amministrazioni civiche e, quindi, dei cittadini e i progetti di espansione di un aeroporto ancora notevolmente al di sotto delle proprie potenzialità. Per rimanere sui sentieri della retorica, il masterplan definisce il futuro.

Nel merito ne abbiamo già diffusamente parlato in altri articoli. La sostanza della questione può essere ricompresa in due sole parole: sostenibilità e fiducia. La prima, la sostenibilità, riguarda l’ambiente e il consumo del suolo.  Per dirla in altro modo, va stabilito quanto l’area interessata all’attività aeroportuale possa ancora sopportare l’inevitabile inquinamento atmosferico e, appunto, ambientale. Comprendendo nell’analisi anche la mobilità stradale e ferroviaria. Impatto tutt’altro che insignificante, che ha già pesantemente interessato parte della brughiera e che, giustamente, va governato in prospettiva. Non sarà un caso, ad esempio, che il Parco del Ticino, forse sulla spinta ecologista, si sia tirato indietro rispetto al masterplan.

In quanto alla fiducia il problema è datato. Non sempre, in passato, Sea e Regione hanno dialogato seriamente con i Comuni. A volte hanno fatto finta di ascoltare le loro perorazioni, per poi riporle in un cassetto. Gli accordi sono adesso scritti nero su bianco, difficile disattenderli. La stessa Sea, per bocca dell’amministratore delegato Armando Brunini, ne ha garantito il rispetto. Un segnale verso la massima fiducia reciproca.

Dire poi che tutti siano contenti dei contenuti dell’intesa, sarebbe un azzardo. Qualche sindaco del Cuv ha firmato obtorto collo, per dovere istituzionale più che per convinzione. Ma Malpensa è oggi una struttura ineludibile, troppo importante per la stessa Lombardia e, fors’anche, per il Paese. Figurarsi per la provincia di Varese proprio in rapporto a quei benefici a cui accennavamo. Schierarsi contro non è più possibile. Che poi qualcuno dei primi cittadini presenti alla firma si sia lasciato scappare frasi poco concilianti del tipo “c’è chi viene a fare passerella e chi ha lavorato”, può essere inteso come uno sfogo dopo gli ostacoli per riequilibrare e soddisfare tutte le aspettative e il disinteresse ingiustificabile di chi, alla resa dei conti, non ha mai assicurato concreto sostegno, ma ne ricava comunque visibilità in funzione politica.

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